A partire da questa bella occasione, lunedì scorso 25 maggio 2015 sul Corriere Romagna è uscito un mio articolo dedicato alla relazione tra l'istituzione e la cultura del mare, che trovate di seguito.
I festeggiamenti per i dieci anni della sezione a terra del Museo della
Marineria di Cesenatico sono anche l'occasione per fare il punto sulla
diffusione della cultura del mare in Italia e più specificatamente lungo le
rive adriatiche. Per farlo credo che il modo migliore sia innanzitutto
rileggere “La marineria romagnola, l'uomo, l'ambiente”, il volume che raccoglie
gli atti del convegno tenuto proprio a Cesenatico nel 1977. In tanti vi parteciparono, quelli che
possiamo considerare come i nostri maestri, perché a diverso titolo indagarono,
promossero e battagliarono perché non venissero disperse per sempre le nostre
origini e si riallacciassero i legami con il nostro passato marinaresco, riprendendo
le parole con cui Giorgio Calisesi apriva il volume. Così come attualissimo è
l'invito rivolto ai partecipanti da Bruno Ballerin, allora Presidente
dell'Azienda di Soggiorno di Cesenatico: “nei momenti di crisi e di recessione
economica la cultura non deve essere mai sacrificata alle necessità materiali
di aumenti di produzione e consumismo”.
Se passeggiando lungo il porto leonardesco sono sotto gli occhi di
tutti gli straordinari risultati di quell'investimento, culturale, politico ed
economico, che ha permesso d'avere oggi la più importante collezione di barche
storiche presente in Europa, una sezione a terra ricchissima e un'attività
espositiva e didattica di prim'ordine, meno ovvi ma altrettanto importanti sono
i risultati immateriali. Parlo della ritrovata appartenenza a una multietnica e
variegata comunità di marinai romagnoli. Genti ed esperienze molto diverse che
hanno però come denominatore comune un orizzonte adriatico di straordinaria
bellezza e vitalità, una storia adriatica di
fascino antico e luminoso. Tralasciando per una volta le attività
balneari, che comunque sempre di più in futuro dovranno saper mettere in valore
anche la cultura del mare, penso ai pescatori che calano le reti per
raccogliere il più genuino dei cibi, a chi il pesce lo vende e lo cucina, ai
mitilicoltori che allevano quell' “oro nero” che non inquina e va ad arricchire
i mercati ittici, ai ricercatori in ambito scientifico e umanistico che
lavorano in mare e per il mare, alle maestranze dei cantieri nautici, ai marittimi
del traffico mercantile e a quelli del diporto, a cui si aggiungono tutti
quelli che fanno esperienza del mare andando a remi o a vela, nuotando o pescando, semplicemente per piacere. Per
tutti, consciamente o inconsciamente, il Museo della Marineria di Cesenatico è
insieme motivo d'orgoglio e di stimolo, un porto sicuro da cui mollare gli
ormeggi per rotte diverse, per poi fare ritorno certi che fatiche ed esperienze
saranno messe in valore. Se la cultura del mare è un patrimonio fondamentale
per chi vive lungo le rive, un museo come quello di Cesenatico è “una scuola, per una diverso modo di fare
storia (storia della società, del lavoro) e va usato come vivaio di cultura e
di esperimenti”, per concludere con gli auspici di un altro maestro, Lucio Gambi.
PS. L'immagine scelta per questo post è tratta dalla copertina della rivista "Le Vie d'Italia", del TCI, del giugno 1949. La scelta vuole essere un'omaggio al prezioso lavoro svolto dal Touring anche sulla cultura del mare.
Nessun commento:
Posta un commento