Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 28 agosto 2012

Incontri


Trieste- MARESTATE 2012

RESPIRO ADRIATICO: un mare intimo e selvaggio




incontro con Fabio Fiori
Venerdì 31 agosto 2012, ore 21
Museo del Mare di Trieste
via Campo Marzio, 5
Riprendendo alcuni temi che mi sono cari, parlerò del nostro mare quotidiano: di Adriatico, del suo respiro,del nostro respiro. Del pneuma, che per i greci era l'indispensabile soffio vitale.

Respiro adriatico, quello del mare, quello di chi vive lungo le rive. Il nostro respiro quotidiano. Nostro e non mio, aggettivo inutile in mare, qualche volta pericoloso. Perché, fin dal primo imbarco su scafi piccoli o grandi, su vele adriatiche o navi oceaniche, si scopre che il rapporto con il mare non è, e non sarà mai, individuale. Quindi anche il più personale dei racconti sul mare si intitolerà sempre “Il nostro mare”. Nostro perché il mare non lo scopriamo mai da soli, non lo vediamo, ascoltiamo, annusiamo, gustiamo, tocchiamo individualmente. Lo sentiamo anche con occhi, orecchie, naso, bocca e mani degli altri, di chi ci ha preceduto. L'esperienza del mare è insieme scoperta e riscoperta, come ci ha insegnato Predrag Matvejević, l'Omero balcanico che come noi ha visto l'Adriatico prima di ogni altro mare. Mare dell'intimità lo ha definito, un'insenatura di quel Mediterraneo che è da sempre mare della vicinanza. Adriatico selvaggio era per Gabriele D'Annunzio e Umberto Saba.
L'Adriatico è di certo un mare difficile, da navigare come ben sanno i marinai dalla notte dei tempi, da apprezzare, almeno lungo la costa occidentale. Questa era un tempo una riva importuosa, pericolosissima con i venti di Bora. Questa è oggi una lunga riva urbana, che sconta le difficoltà di uno sviluppo tumultuoso, di una novecentesca frana di uomini, speranze e sacrifici, ma anche di speculatori, egoismi e sacrifici, altrui. Questo Adriatico è comunque il nostro mare quotidiano e forse proprio perché difficile, ancora più affascinate. E' di certo uno degli splendidi mediterranei che circonda l'Italia, capaci di offrirci ogni giorno i piaceri di una lunga passeggiata in riva, di una nuotata primaverile o estiva, di una remata o di una veleggiata in ogni stagione. Il nostro mare quotidiano è fonte di ricchezza economica da millenni e deve ritornare ad essere opportunità di benessere, da non confondersi con ben-avere. L'Adriatico è un bene comune e solo se pensato, gestito e vissuto come tale può continuare ad arricchire, nell'accezione più ampia, le genti che popolano le rive. Un mare che riassume in sé tutti i problemi del Mediterraneo diceva Fernand Braudel, e tutte le opportunità possiamo tranquillamente aggiungere noi. Occasione di incontro occasionale, nei giorni di una vacanza, o di convivenza duratura, negli anni di una vita. L'adriaticità, l'appartenenza adriatica, oggi più che mai, non è un dato anagrafico, non serve la carta d'identità per certificarla, ma il quotidiano lavoro, la fatica e le gioie che insieme trasformano uno spazio in un luogo.
Solo nella piena consapevolezza della molteplicità adriatica, geografica, storica e culturale, sarà più facile, e forse anche piacevole, vivere e lavorare lungo le rive, insieme urbane, come hanno scelto i padri, e selvagge, come sempre riesce ad esserlo il mare.

mercoledì 22 agosto 2012

Biblioteca di mare e di costa

“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare” Joseph Conrad


Roger Deakin, giornalista e scrittore inglese nato nel 1943 a Watford, non è nuovo a viaggi avventurosi, spesso in luoghi geograficamente vicinissimi ma lontanissimi da un punto di vista esperienziale. Nel 1996 parte da casa nel Suffolk, regione costiera a nordest di Londra, tuffandosi nel fossato che attraversa il suo terreno. Vuole seguire la pioggia, “nel suo errare attraverso la nostra terra per raggiungere il mare”. E poi di lì compie un inusuale periplo della grande isola a nuoto. Sarà l'occasione per accedere a quella parte del nostro mondo che, “come l'oscurità, la nebbia, i boschi e l'alta montagna, conserva ancora una buona parte del suo mistero”. Ma al di là dell'avventura e dei piaceri, con l'autore condividiamo l'idea che il nuoto in ambiente naturale sia oggi una pratica sovversiva che ci permette di “riprendere coscienza di quel che è antico e selvatico ... di uscire dal sentiero battuto e liberarci della versione ufficiale delle cose”. Lui nelle acque inglesi come noi in quelle mediterranee, ogni giorno siamo chiamati a difendere i nostri diritti di liberi nuotatori. Diritti di accesso e di qualità delle acque, diritti civili ed ecologici. Quello di Roger Deakin è anche un viaggio storico e letterario, una riscoperta dei luoghi, delle idee, delle partiche care a Loudon Waiwright III, John Donne, William Cobbett, George Orwell, Georges Borrow, Henry David Thoreau e tanti altri, noti o sconosciuti, accomunati dalla fascinazione per le acque. Nelle sue lunghe nuotate l'autore incontra uomini, piante e animali, abitatori di un eden invisibile nelle frettolose pratiche del quotidiano e negli altrettanto accellerati tempi delle vacanze. Deakin condivide ostinatamente le acque con salmoni, anguille, rane e naiadi, immergendosi ovunque, dove possibile nudo o con una muta, in fiumi, laghi, torrenti, fossati, canali, ruscelli, acquedotti, stagni, pozze e in quel mare che tutto accoglie e circonda, luogo primordiale dove la vita è nata e si rigenera. “Natando virtus” è scritto sulle terme di Ennistone, città fantastica di Iris Murdoch, “Natando virtus” dovremmo scrivere sulle rive delle nostre città d'acqua.
Roger Deakin, 2011. Diario d'acqua. Viaggio a nuoto attraverso la Gran Bretagna. EDT, Torino; pp 394, € 20,00.



venerdì 10 agosto 2012

Incontri


Lunedì 13 agosto, alle ore 8.10 circa, appuntamento radiofonico per parlare del nuovo libro
"Anemos. I venti del Mediterraneo".
RAI Isoradio
"Articolo da viaggio magazine", condotto da Alessandra D'Asaro
Buon ascolto

lunedì 6 agosto 2012

La vela è ...


Prosegue l'appuntamento settimanale con "La vela è ...", nell'inserto di oggi Aria di Mare del Corriere Romagna. Oggi è la volta di "conoscenza".

Conoscenza
La vela è conoscenza, del mondo e di se stessi. “Conosci te stesso”, era scritto all'ingresso del tempio dell'Oracolo di Delfi, nell'antica Grecia. Lo stesso motto ci sussurra ogni giorno la barca, soprattutto quella piccola, soprattutto quando la si porta in solitario. Miglia dopo miglia, giorno dopo giorno, a terra e a mare, conosciamo insieme la barca e noi stessi. I suoi/nostri difetti e pregi, le sue/nostre fragilità e potenzialità. Solo al cospetto del mare il marinaio conosce la barca e al contempo la barca conosce il marinaio. Saranno le onde e i venti a sancirne armonia o conflitto, unione o divorzio.Ogni giorno issando una vela amplieremo i nostri orizzonti. Consapevoli del fatto che, soprattutto oggi, la lunghezza del viaggio non la si misura solo quantitativamente, in termini di chilometri o miglia percorse. Al contrario è spesso molto più emozionante un viaggio a piedi, misurato sulla base della fatica fatta per raggiungere la meta, o una navigazione a vela, valutata considerando le abilità marinaresche per approdare a destinazione. Il viaggio è anche difficoltà, incertezza, inaspettato, scoperta, meraviglia, sofferenza, incanto e mille altre variabili che amplificano le emozioni. Una difficile bolina, un incerto approdo, un'inaspettata brezza, la scoperta di una caletta, la meraviglia di un delfino, la sofferenza di un vento contrario, l'incanto di un alba, daranno al nostro seppur breve viaggio un fascino antico. Bastano due ore passate in mare per scoprire le difficoltà di una corrente o di un frangente, le gioie di una planata o di una manovra. Ognuna di queste situazioni è una prova per la nostra barca e le nostre abilità. È nella quotidiana immersione nella natura e in noi stessi che la rotta si allunga, che l'esperienza diventa significativa, che la conoscenza di sostanzia.

venerdì 3 agosto 2012

Il nostro mare quotidiano

Sarebbe più giusto titolare questo post "Il nostro fiume quotidiano", perché è di un grande fiume che stiamo parlando: il Po.
Come forse qualcuno avrà già letto domenica scorsa sulle pagine di La Repubblica, ho accompagnato, nel tratto centrale, Paolo Rumiz, Alessandro Scillitani e Valentina Scaglia nel loro avventuroso viaggio fluviale. Il diario di quella discesa, anche metaforica attraverso la più importante vena acquea italiana, è pubblicato ogni giorno su La Repubblica. Con grande maestria narrativa Paolo Rumiz racconta settecento (per due) chilometri di
riviera, "la più selvaggia, la più solitaria, la
più libera della Penisola", vista per una volta dall'acqua.
Un reportage che è anche un disperato grido di dolore per un'Italia che "ha abdicato alle sue acque, non le frequenta, non le naviga, non le conosce più, le fa degradare e se le lascia portar via". Dolci, salmastre o salate, le acque sono un bene comune di cui ci dobbiamo riappropriare, innanzitutto frequentandole quotidianamente. Vanno presidiate, riscoprendo antichi piaceri. Camminate e pedalate lungo le rive, nuotate, remate e veleggiate nelle acque che bagnano il nostro Paese. Sarà il miglior modo per rivendicare beni comuni inalienabili.