Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

lunedì 27 giugno 2011

Il nostro mare quotidiano



“Spiaggia libera per noi”, cantava Sergio Endrigo nel 1986. Spiaggia libera per noi! continuiamo a chiedere ancora oggi. A gran voce lo si farà domenica 2 luglio a Lido di Ostia (Roma), nella manifestazione organizzata dal comitato “Spiaggia bene comune”.
In una intervista Sergio Endrigo riassumeva con queste poche ma incisive parole la libertà offerta da mari esotici, brasiliani o cubani che fossero: “Il mare è di tutti e per fare il bagno non si paga ...”. La stessa libertà l'hanno cantata decenni prima, in altra forma e luoghi, Albert Camus e Mario Tobino. Dei bagni nel porto di Algeri, negli anni Trenta del Novecento, ci ha lasciato uno struggente ricordo lo scrittore francese. In quella città non si diceva “fare un bagno ma offrirsi un bagno”, perché il piacere delle acque era uno dei pochi, ma grandi, tesori che ogni uomo aveva a disposizione, al di là del suo stato economico. Alla stessa gioiosa libertà che il bagno di mare può offrire, è ascrivibile il ricordo di Mario Tobino, un autore attento allo stesso modo ad indagare le menti umane e le rive marine. La festosa esperienza del tuffarsi dal molo, alla ricerca del soldino lanciato in acqua dai signori, era uno degli episodi che più sintetizzavano la libertà dei bambini di Viareggio, nella prima metà del secolo scorso. Lì e ad Algeri, come in tutti i porti del Mediterraneo, le acque accoglievano i propri figli, poveri, ma con la possibilità di trovare in quel mare sotto casa, gioie e spensieratezze ai nostri ricchi figli spesso sconosciute. Credo invece che l’euforia acquatica, che ancora oggi vivono sui moli i bambini di Lampedusa come quelli di Lipari, debba essere restituita a tutti i figli delle piccole e grandi città di mare.
Oggi, sotto il Sole del Mediterraneo, le città non sempre consentono un rapporto diretto con il mare. S’è perso “quel dialogo della pietra e della carne nella misura del Sole e delle stagioni”, che per secoli ha arricchito i centri urbani affacciati sull’acqua. E dove meglio che nelle spiagge libere limitrofe alle nostre città possiamo rivitalizzare quell'imprescindibile dialogo con il mare, con le acque e il sole, con le onde e il vento?
Perciò come un augurale invito riascoltiamo e cantiamo insieme a Sergio Endrigo: “Spiaggia libera per noi / Che veniamo dall’interno / Dalle montagne e dai campi di granturco / Dalle città, dai grattacieli / Spiaggia libera per noi / Che veniamo dall’inferno / Spiaggia libera per noi”. Faremo risuonare le note e il ritornello di questa canzone, un vero e proprio inno all'idea di spiaggia come bene comune. E, “Ringrazieremo il cielo / Che ci dà l’amore / E ancora un batticuore / Per il tuo corpo nudo / Che si muove al vento / Come un girasole / Spiaggia libera / Libera per noi”.
Spiaggia libera, mare libero; libero per noi e per i nostri figli.

giovedì 23 giugno 2011

Insulomania



Fin dalla notte dei tempi, chi va per mare sogna di approdare in un'isola, che si chiami Itaca, Ogigia, Atlantide o Utopia, Taprobana, Eleuthera. Isole reali o mitiche, immobili o erranti, emerse o sprofondate. Isole marine, lagunari, lacustri o fluviali. Isole vulcaniche, coralline, continentali, addirittura metamorfiche, come nel racconto di Ovidio, in cui Perimele, una bellissima naiade, viene trasformata in isola da Nettuno. Da millenni, l'isola mediterranea per eccellenza è Itaca, “chiara nel sole”, quella che, malgrado le cento disavventure e le altrettante tentazioni, rimane l'agognata meta di Odisseo. Ma altrettanto seducente per “l'eroe multiforme che tanto vagò”, e per tutti noi, è l'isola di Ogigia, dove abita “la figlia di Atlante, l'insidiosa Calipso dai riccioli belli, dea tremenda”. La ninfa gentilmente lo accolse, lo curò e lo nutrì, promettendogli che “lo avrebbe reso immortale e per sempre senza vecchiaia”. Agli occhi del navigante, l'Odissea è anche il primo isolario della storia, un vero e proprio catalogo corografico di alcune delle più belle e importanti isole mediterranee. Toponimi e immagini concrete giunte fino a noi, quali la già citata Itaca irta di rocce, Eolia regno del re dei venti, l'ampia Creta, la solare Trinacria, la selvosa Zacinto, altre invece avvolte nel più fitto mistero quali oltre ad Ogigia riconoscibile dall'odore del fumo di tenero cedro e di tuia, Eea l'isola di Circe, Dulichio ricca di grano, Scheria dalle fertili zolle.
Racconti che fanno ipotizzare che anche Omero fosse affetto da “insulomania”, la passione di coloro che sono attratti irresistibilmente dalle isole, secondo la definizione di Ernesto Franco. Di certo tutti i marinai consciamente o inconsciamente sono insulomani, non fosse altro che la parola greca “nesos”, isola, significherebbe in origine “ciò che naviga”. Chi allora più del velista è innanzitutto un insulomane, follemente attratto da quell'isola che chiamiamo vela? A riprova di ciò si pensi che la passione è spesso inversamente proporzionale alla dimensione della barca. Più piccola è l'isola navigante, più grande è l'insulomania. Ma questa sindrome va ben oltre la ristretta cerchia dei marinai, perché l'isulomania può colpire anche gente che non solo non sa niente di scotte e cime, ma nemmeno di acqua: sognatori, lettori o oggi, ai tempi di Google Earth, i più numerosi web-nauti.
Sarà bene quindi chiarire che di insulomania, o per essere più precisi di “islomania” utilizzando il termine inglese originario, scrisse per la prima volta Lawrence Durrell negli anni Cinquanta del Novecento. “... ho trovato una volta un elenco di malattie non ancora classificate dalla scienza medica; tra queste compariva il termine “isolomania” (nella traduzione italiana), descritta come un'afflizione dello spirito rara, ma per nulla sconosciuta. C'è gente, ..., che trova le isole in qualche modo irresistibili. La semplice consapevolezza di trovarsi su un'isola, un piccolo mondo circondato dal mare, provoca in loro un'inspiegabile ebrezza. Questi “isolomani” nati, ..., sono i discendenti diretti degli abitanti di Atlantide, e il loro vivere da isolani altro non è che un inconscio anelare all'Atlantide perduta ...” .

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Il racconto completo è pubblicato sul mensile BOLINA n.287 di Giugno 2011

mercoledì 15 giugno 2011

Il nostro mare quotidiano

E' di queste ore la notizia che nel passaggio alla Camera, il Governo ha eliminato dal “decreto sviluppo”, la norma sui diritti di superficie delle spiagge, che in un primo momento dovevano essere di 90 anni, poi ridotti a 20. In entrambi i casi una sciagura per chi crede che il mare e le sue rive siano un bene comune, quindi inalienabile, neanche in forma indiretta.
Sarà una concomitanza casuale, ma ciò non toglie che la (speriamo) positiva decisione, la si relazioni alla vittoria dei due SI' al referendum sull'acqua. Di quanto questi fossero strettamente legati alle idee, e alle conseguenti politiche, riguardanti i beni comuni, e le coste in particolare per un paese come l'Italia, avevo già scritto nell'aprile scorso, quando ancora nulla faceva presagire questo “salto di vento”. Senza enfatizzare troppo il risultato referendario, ma fieri per l'obiettivo raggiunto, mi permetto di rilanciare un monito di Franco Cassano, da decenni illuminato difensore dei beni comuni. “Laddove il bene comune non interessa più i singoli, il suo curatore è un despota che non viene più controllato”. In queste prime settimane di stagione balneare, l'invito è quindi quello di interessarsi di quel bene comune chiamato mare. Il meraviglioso Mediterraneo che circonda la Penisola, regalandoci aria salmastra da respirare, acqua salata in cui nuotare, rive libere lungo cui passeggiare o incontrare l'Homo civicus, colui che vuole ritrovare “la comunità senza perdere la libertà”.

domenica 5 giugno 2011

Il nostro mare quotidiano



Oggi, 5 giugno 2011, si celebra la “Giornata mondiale per l'ambiente”, un'iniziativa annuale dell'ONU, quest'anno dedicata alle “Foreste”.

Il mare è una foresta; blu, enorme, ma soprattutto vicinissima alle nostre città.
Decine di milioni di italiani vivono lungo le coste, centinaia di milioni di mediterranei vivono come rane attorno al nostro amato e antichissimo stagno, parafrasando Platone. Eppure pochissimi si rendono conto che il Mediterraneo è la nostra foresta, quella a due passi dalle nostre case. Il mare, al pari della foresta, è serbatoio di biodiversità e polmone azzurro, ma infinitamente più esteso, per superficie e profondità. Ogni giorno per tantissimi di noi il mare non è solo l'unica foresta che vediamo, ma quella che ascoltiamo, respiriamo e annusiamo. E' poi la foresta in cui vogliamo anche immergerci, uno spazio da toccare non solo con i piedi e le mani, ma con tutto il corpo. Il mare illumina le nostre giornate, le rinfresca d'estate e le intiepidisce d'inverno; regala un'aria respirabile per le nostre passeggiate, offre o dovrebbe offrire un'acqua limpida per le nostre nuotate.
La prima foresta di una Penisola è il mare, bene comune inalienabile, libero e sacro.
Solo quando sarà chiara la valenza non solo ludica del mare, ma anche e soprattutto ambientale e culturale, si riusciranno ad attivare politiche di salvaguardia e valorizzazione, non solo turistica o mercantile.
Vandana Shiva su le pagine di Repubblica chiede di riportare la foresta al centro della nostra vita. Noi mediterranei non possiamo che seguire quest'invito pensando al mare. Sempre Shiva ci dice che la foresta non è solo fondamentale per riassorbire l'inquinamento. “Ma la foresta è anche altro. Soprattutto è maestra. Per la varietà di specie che vi convivono, ha molto da insegnarci. Per questo deve essere centrale ad ogni civiltà, come lo è per la mia, quella indiana”. Per le stesse ragioni, credo che il mare abbia altrettanto da insegnare alle civiltà mediterranee, di cui, non dimentichiamolo, è stato grembo vitale.