Isole, isole, isole, ... di gente comune, di guerrieri antichi, di eroi risorgimentali.
Buon vento!
CAPRERA
Se Odisseo è il più noto degli insulomani dell'antichità, quello che seppe elevare l'agognata Itaca a simbolo di tutte le isole, reali e fantastiche, Garibaldi è l'insulomane più conosciuto, per altri motivi, del Risorgimento italiano. Dell'“Eroe dei due mondi” tanto si è scritto sulle sue battaglie rivoluzionarie d'America e d'Europa. Meno nota è la vicenda marinaresca e ancor meno la sua insulomania, che lo portò a rifugiarsi a Caprera, la sua Itaca.
L'isola sarda, dove morì nel 1882, fu il rifugio finale dell'ultimo corsaro, nel significato originario del termine. Infatti Garibaldi, sfuggito alla condanna a morte pronunciata da una corte del Regno Sabaudo, per aver partecipato al moto insurrezionale del 1834, si imbarcò a Marsiglia come comandante in seconda di un brigantino diretto in Brasile. Lì, con tanto di lettera di corsa della neonata Repubblica del Rio Grande del Sud, divenne corsaro. “Lanciato sull'Oceano con dodici compagni a bordo di una garopera, si sfidava un impero,e si facea sventolare per primi, in quelle meridionali coste, una bandiera di emancipazione! La bandiera repubblicana del Rio-Grande!”, come racconta lui stesso. Seguì il ritorno nel Vecchio Continente e le alterne vicende risorgimentali, fino all'esilio, in più occasioni interrotto, nel 1862 a Caprera.
L'isola, in cui il Generale aveva già vissuto per brevi periodi e dove aveva acquistato nel 1856 un'ampia tenuta, si presentava “incolta, quasi deserta, … ingombra di massi granitici e pressochè sconosciuta, essendone perfino dimenticato il segno e il nome nella maggior parte delle carte e dei dizionari geografici”. Così la descrive Eugenio Canevazzi nel 1866
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L'articolo completo è pubblicato sul mensile BOLINA di giugno 2015
martedì 23 giugno 2015
venerdì 12 giugno 2015
Biblioteca di mare e di costa
In collaborazione con il festival “Mare di libri”, il Club
Nautico di Rimini, organizza venerdì 12 giugno 2015, alle ore 21, presso la sua
sede in Piazzale Boscovich 12, un incontro pubblico a ingresso gratuito con Björn Larsson.
Di seguito trovate la prima parte dell'articolo pubblicato oggi, 12 giugno 2015, sul Corriere Romagna
Anche noi, marinai mediterranei contemporanei, abbiamo
navigato su rotte oceaniche insieme a pirati; inumani, spietati, disperati,
libertari, comunque affascinanti. Lo abbiamo fatto da bambini leggendo e
sognando con “L'isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson, per poi ritrovare
anni dopo alcuni straordinari personaggi ne “La vera storia del pirata Long
John Silver” di Björn
Larsson. Ma se Stevenson rimarrà per sempre un fantasma al pari dei suoi vecchi
e giovani filibustieri, Larsson potremmo invece incontrarlo venerdì prossimo a
Rimini, per ascoltare il suo vivissimo racconto del mare. E proprio “Raccontare
il mare” (Iperborea, pp. 190; € 15,50) è il titolo del suo ultimo libro. Quello
di Larsson con il mare non è solo un rapporto letterario, ma un'esperienza di
vita maturata a bordo delle sue barche a vela, con cui ha navigato e naviga,
dalle isole scandinave al Golfo di Biscaglia. Ma a proposito del rapporto con
l'elemento nettunio, Larsson ama ricordare che “del mare mi importa di più
nella mia vita personale che come autore”, anche se lo stesso riconosce che
“per molti sono e resto uno scrittore di vagabondaggi in mare, di veleggiate e
di pirateria”.
In questo nuovo lavoro l'autore ha raccolto prefazioni
edite e inedite di alcuni dei più grandi libri di mare, scritti da Joseph
Conrad e Joshua Slocum, da Francesco Biamonti e Alvaro Mutis. Ne è venuto fuori
secondo l'autore stesso “un opera discretamente eclettica e impressionista, un
po' a immagine del mare stesso, imprevedibile e mutevole, e della navigazione a
vela, per lo meno quella che non ha mete prestabilite, né rotte chiaramente
fissate che non siano quelle di vivere nel presente e di godere l'attimo”. Un
libro quindi perfetto per noi velabondi, cioè vagabondi a vela che
abbiamo un unico punto fermo: “barca minima, rotta massima”. Che poi alcune
considerazioni di Larson sulla letteratura del mare le si condivida o meno,
diventa secondario. Perché prima di ogni altra cosa leggendo queste pagine si
prova innanzitutto il piacere di ascoltare la voce di un marinaio venuto dal
nord, che ha conosciuto le avventure di altri marinai passati e presenti, in
quel modo tutto particolare e intensissimo che solo i libri riescono a fare.
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martedì 9 giugno 2015
Biblioteca di mare e di costa
Leonardo Guzzo, Le radici del mare, pp. 204, € 18, Italic Pequod, Ancona 2015
Anche in Italia abbiamo autori che si sono cimentati nei racconti di mare, un genere doppiamente difficile. Perché alla difficoltà del racconto, che in poche pagine deve insieme rapire il lettore e soddisfarne le curiosità, s’aggiunge quella dell’ambientazione. Il mare infatti è sicuramente meno conosciuto, sia da chi scrive che da chi legge, e ha un suo vocabolario, ricco e indispensabile alla narrazione e alla fascinazione. Anche rimanendo dentro le Colonne d’Ercole il mare bisogna averlo navigato per riuscire a raccontarlo, così come ci insegnano Giovanni Comisso e Raffaello Brignetti, prendendo due esempi delle opposte sponde italiane. È perciò sicuramente ardito e degno d’attenzione il lavoro di Leonardo Guzzo, che ha un titolo molto evocativo: Le radici del mare. Si tratta di dodici racconti, per geografie, tempi e modi molto diversi, accomunati però dal mare che “è lo stesso ovunque (…) e resta sempre uguale a se stesso, miracolosamente ringiovanito dalla grazia di ogni nuovo sole”, riprendendo le parole che danno avvio a Un altro mare. In questo racconto, come nell’omonimo romanzo di Caludio Magris, si narrano le vicende di un uomo che ha attraversato l’oceano o che forse lo ha solo fantasticato. Anche altri racconti mescolano realtà e finzione, in un gioco di specchi che rimanda innanzitutto ai tanti significati metaforici del mare. Un mare in cui spesso, anche in letteratura, si rischia di perdersi inseguendo fate morgane seducenti ma impossibili da raggiungere. La nave viene allora travolta dalla burrasca e va in mille pezzi. Ciò che rimane sono frammenti, che presi singolarmente sono seducenti, ma che non permettono la conclusione del viaggio. I frammenti di Guzzo sono microstorie di pescatori di mostri marini, di ragazzi che accendono fuochi sulla spiaggia, di vogatori in catene, di faristi che hanno scelto “sperdute lontananze”, di attori dimenticati che hanno fatto del mare il loro “passatempo preferito”. Genti distanti miglia o secoli, dannate o redente, vissute o sognate, i cui volti e le cui voci naufragano.
Pubblicata L'Indice dei Libri del Mese, maggio 2015.
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