Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 21 maggio 2015

Notizie

L'Unione Italiana Vela Solidale organizza a Rimini "Mare Libera", una tre giorni dedicata alla vela e alla solidarietà. Da venerdì 22 maggio a domenica 24 maggio si potrà conoscere il mare attraverso la vela, che è anche una grande opportunità per promuovere l'inclusione. Programma "Mare Libera 2015"

Ai temi della manifestazione si lega la domanda con cui apro il mio Vela libre:

Per andare a vela è necessario essere dei superuomini?
No, assolutamente, tanto che la vela permette il confronto, anche sportivo, tra uomini e donne, vecchi e bambini. In mare l'abilità vale più della prestanza fisica, la conoscenza è più utile della forza. Addirittura c'è chi fa della vela una pratica terapeutica, chi ancora prende il mare per affrontare una malattia o la vecchiaia. Molteplici sono i progetti di recupero da problemi psichici e fisici legati alla vela. Un'attività sportiva e culturale che meglio di altre si presta per stimolare interessi e curiosità, per creare relazioni e superare difficoltà di diverso tipo. In mare i problemi sono affrontabili attraverso una solidale partecipazione dell'equipaggio. Tutti a bordo, dal comandante al mozzo, devono fare la loro parte, perché la buona riuscita della navigazione dipende da chi traccia la rotta, da chi sta al timone, da chi regola le vele, da chi prepara un caffè caldo. Anche su una piccolissima barca, impegnata in una breve veleggiata lungocosta, ognuno deve avere il suo ruolo ed essere consapevole delle sue responsabilità. A bordo non sono necessari superuomini individualisti, anzi sono pericolosi quando le condizioni diventano impegnative; sono invece utili i marinai che hanno ben chiara un'antica regola: “Una mano per sé e una per la barca”. Non a caso la parola equipaggio, che deriva dal francese équiper ossia fornire del necessario, rimanda a equo, equità, equilibrio, cioè all'origine latina, āequus, uguale. Si è parte di un equipaggio quando si riconosce l'uguaglianza di tutti, nella diversità dei ruoli.
Anni fa sull'Isola di Lussino in Croazia ho avuto la fortuna di conoscere un tedesco paraplegico che trascorreva tutte le estati da solo, navigando con la sua barca a vela di otto metri tra le isole istriane, dalmate e greche. Negli anni il marinaio e la barca erano diventati un perfetto e coordinato organismo marino. L'acqua aveva ridato a quell'uomo la leggerezza, il vento gli aveva restituito la forza. Sul mare era riuscito a superare tante difficoltà motorie e a realizzare, in modo ecologico, la sua passione per il viaggio, in completa autonomia e libertà di movimento.
Epica rimane l'esperienza di Francis Chichester che nel 1966, a sessantacinque anni, decise di mettersi in mare con il Gipsy Moth IV, una barca a vela di sedici metri, per circumnavigare il Globo in solitario senza alcun scalo. Raggiungerà i mari australiani in centosette giorni, per ritornare al porto inglese di partenza in altri centodiciannove giorni, ricevendo una meritata, entusiastica accoglienza. Molto clamore fece allora l'età avanzata del protagonista, perché l'avventura venne vista anche come una sfida alla vecchiaia. Ma fu lo stesso Chichester a liquidare questa stortura, scrivendo che era assolutamente consapevole di avere a disposizione un tempo misurato. Non voleva contrastare l'invecchiamento, ma pretendeva da se stesso il miglior rendimento, per poter vivere appieno, con soddisfazione.
Visto che la maggior parte di noi non ha certo questo tipo di velleità oceaniche e che la vela è innanzitutto un esercizio fisico e mentale nei mari di casa, fino a diventare una pratica zen, si può subito concludere dicendo che tutti, dai sei ai cento anni possono veleggiare anche da soli. Bisogna scegliere la barca giusta e la rotta adeguata alle proprie possibilità, mai dimenticando che, per quanto atletici, esperti e preparati, il mare rimane per tutti infinitamente più potente. È Joseph Conrad, grande marinaio prima che altrettanto grande scrittore, a ricordare che il mare non è mai stato amico dell'uomo. Qualche volta è complice delle nostre irrequietezze o ambizioni. Il mare è stato, e sarà sempre, un dio severo, capace di dispensare inusitate gioie e terribili pene. Forse parte della fascinosa attrazione del mare sta proprio in questa ambivalente complicità, perché ci sono giorni in cui navigare è esperienza dolcissima, altri in cui è prova severa. Per noi, che sul mare non lavoriamo, le prime dovrebbero essere le occasioni più frequenti, quelle offerte da un Mediterraneo che è da millenni culla del mestiere del navigare, riprendendo le parole di Conrad.
Quindi, per navigare a vela in sicurezza e con piacere, alla forza è da preferirsi l'abilità, all'audacia la prudenza, all'esuberanza la pazienza. Con gli anni e le miglia a queste tre qualità s'intreccerà l'esperienza, dandoci la più robusta delle cime di sicurezza, preziosa quanto l'indispensabile life-line di bordo. Una vela manovrata con abilità, prudenza e pazienza, porterà lontano, oltre qualsiasi nostro immaginato orizzonte, geografico ed emozionale.

Tratto da "Vela libre. Idee e storie per veleggiare in libertà" Stampa Alternativa, 2012



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