Buon vento e buona lettura a tutti, a cominciare da una anticipazione della recensione di "La vita all'ombra del Jolly Roger. I pirati dell'epoca d'oro tra leggenda e realtà"(pp. 288, € 16,00. Elèuthera, Milano, 2015
Questo nuovo lavoro sulla pirateria, che a detta dello stesso autore è anche una moda, cerca innanzitutto di andare oltre l'antagonismo sorto tra due antitetiche interpretazioni politiche del fenomeno. Da una parte c'è chi insiste sulla dimensione banditesca, dall'altra chi ritiene che molti di essi avevano idee libertarie e che quindi misero in pratica una loro visione di democrazia e uguaglianza, riprendendo le parole di Markus Rediker. Gabriel Khun, austriaco di nascita e svedese di adozione, cerca di comparare le due teorie, anche se fin dall'introduzione dichiara che un compito del libro è quello di “rendere politicamente significativa, nel contesto contemporaneo, la fascinazione radicale per la pirateria e suggerire come il Jolly Roger possa sventolare dai balconi e alle manifestazioni senza essere soltanto una ritualità simbolica”.
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Mentre sugli aspetti sociologici e politici gli esperti si dividono, tutti concordano nel ritenere il pirata un nomade, un nemico della civiltà d'origine e soprattutto della nazione. Non a caso la “confraternita, il commonwealth o la confederazione pirata dell'epoca d'oro trovava la più esaltante espressione nella sua minacciosa bandiera nera: il Jolly Roger”. Nelle diverse varianti, era ed è un simbolo universale che, malgrado sia stato cannibalizzato dal consumismo, viene ancora oggi utilizzato nelle più disparate battaglie politiche e civili. Ma attenzione! Come avverte Khun nelle ultime pagine “i radicali di oggi possono dunque continuare a sventolare con orgoglio il Jolly Roger: tutto quello che devono fare è guadagnarsi il diritto di farlo”.