Spiagge libere!
E' il grido che si leva sempre più forte lungo gli ottomila chilometri di coste italiane. E' di questi giorni il riaccendersi della protesta per le spiagge libere a Rimini, nella più popolare delle riviere. Se lungo le coste romagnole, come per altro documentato anche nel recente servizio giornalistico di Report, l'accesso agli stabilimenti balneari è libero e infinitamente meno commercialmente militarizzato che in lunghi tratti del litorale laziale o ligure, va però ricordato che a Rimini solo il 7% delle spiagge sono libere. La cosa è doppiamente inaccetabile se si considera che già da dieci anni la Regione Emilia-Romagna ha stabilito per legge che “sulle aree già destinate a spiaggia libera dagli strumenti urbanistici vigenti, non possono essere rilasciate concessioni che riducano il fronte a mare di dette aree al di sotto del 20 per cento
dell'estensione del litorale comunale destinato a stabilimenti balneari. Qualora detta percentuale sia già stata
superata non possono comunque essere rilasciate concessioni” (LR 9/2002). Senza dimenticare poi che le fortune balneari di Rimini si sono costruite su un'idea di vacanza popolare, di cui andrebbero oggi aggiornati contenuti e proposte, anche ascoltando voci critiche come quelle che salgono da tutte quelle associazioni che credono/praticano il confronto e la progettualità politica sui beni comuni. In Romagna, Abruzzo, Puglia, Liguria e in tante altre regioni i comitati continuano a battersi per la difesa di questo fondamentale bene comune, promuovendo una serie di manifestazioni popolari, nella più comprensiva e costruttiva delle accezioni, e amplificando le proprie ragioni attraverso il web. E proprio lungo i fili elettronici sarebbe auspicabile che si riuscisse a costruire una rete simile a quella che rivendica l'acqua potabile come bene comune. Un'articolata e coordinata serie di presidi, capaci di trasferire sul piano nazionale una istanza di libertà imprenscindibile per un Penisola, dove nel bene e nel male le rive sono diventate un affollatissimo spazio urbano. Quella italiana è oggi una “riva urbana”, in cui c'è gente che chiede spiagge, banchine portuali e acque libere dalle frenesie consumistiche nelle infinite declinazioni balneari ossia libere da inquinamenti di ogni tipo.
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