Chiuso l’EXPO, la pesca comunque continua! come la nostra passione per i piatti di pesce!
Perciò noi continuiamo a raccontare le storie di pesci e pescatori. Convinti che i prodotti alimentari italiani di qualità, e il pesce è indubbiamente uno di questi, meritino grande attenzione, non solo in termini economici, ma anche culturali.
Riprendendo il nostro primo post nel febbraio scorso, dove citavamo Paolo Conte, visto che noi “Siamo mangiatori di pesce, Ne facimmo na passione”, continuiamo “Spassiunatamente” questi “Venerdì di magro”.
“La pesca del riccio di mare ( Paracentrotus lividus) per la stagione 2015/2016 è consentita dal 1 novembre 2015 al 10 aprile 2016”, si legge sul recente decreto della Regione Sardegna. Una norma che sancisce per iscritto la comunque consueta stagionalità di una pesca locale di grandissimo valore. Esiste anche una normativa nazionale ma, come è giusto che sia, la gestione di questa specie è un classico esempio di come alcune attività di pesca debbano essere normate solo a livello locale. In una realtà articolata come quella mediterranea, fatta di particolarità ecologiche ed economiche, una corretta gestione può essere fatta solo a livello locale, sulla base di conoscenze puntuali.
Va comunque ricordato che la pesca, che rimane uno dei pochi mestieri di semplice raccolta, ha anche in Mediterraneo una tradizione normativa plurisecolare. Basterà qui ricordare che già XII secolo a Venezia venne istituita la “Giustizia Nuova” che si occupava anche dei calendari e degli strumenti della pesca o per andare a tempi post-unitari che è del 1877 la Legge che “regola la pesca nelle acque del demanio pubblico e del mare territoriale”. E’ quindi antica e sentita la necessità di normare le attività di pesca, in una logica di gestione sostenibile, diciamo noi oggi. E quindi che pesca, e successivo banchetto, sia! Anche del riccio di mare.
Il riccio lo si pesca in apnea per diletto a mano, con maschera e pinne, o professionalmente con le bombole. C’è poi la pesca tradizionale che in Sardegna si fa con lo specchio e la cannuga, cioè un’apposita asta. La leggenda vuole che ci siano ricci femmina, di colore violetto, e ricci maschi, neri. I primi sarebbero quelli buoni, gli altri no. In realtà si tratta di due specie diverse, entrambe buone da mangiare, con la differenza che il riccio femmina, cioè il Paracentrotus lividus, ha le gonadi più grandi. Queste “uova” sono la parte edule. Il loro sapore è molto intenso e lo si gusta appieno se mangiate crude. Per chi voglia invece condire la pasta è meglio non passarle in padella, ma basta il calore della pasta stessa a stemperarne il sapore, aggiungendo poi un filo d’olio ed eventualmente il prezzemolo o l’erba aglina per essere più originali. Se poi volete per forza metterci anche l’aglio, allora aggiungete anche questo da crudo.
Sul blog de La Stampa, troverete tanti altri pesci!