Joseph Conrad
Venezia è stata, e rimane, il miglior porto di partenza per
l'Oriente mediterraneo, un “mare molto veneziano, dalle cittadine coloniali e
le spiagge boscose della Dalmazia, dove la Repubblica ricavava il legname per
le sue navi e i piloni per i suoi palazzi”, fino alle lontane Costantinopoli e
Alessandria, da dove vengono le reliquie di San Marco. Così s’avvia il diario di bordo di Göran Schildt, storico dell'arte e
scrittore finlandese che, fin dalle prime pagine, si rivela anche come una
acuta riflessione sulle vicende umane dell’immediato dopoguerra e antiche (Göran
Schildt, 2012. Il mare di Icaro. Mursia, Milano; pp 280, € 17). Il libro
racconta il lungo viaggio fatto negli anni Cinquanta del Novecento dall'autore,
in compagnia della moglie, a bordo dell’amatissima Daphne, una barca a vela a
due alberi di circa dieci metri di lunghezza dove trovava posto anche una lambretta,
da Murano, l'isola delle “fornaci incandescenti” che fiammeggiano da un
migliaio di anni “fin da quando i Dogi, saggiamente, proibirono l'attività
nella stessa Venezia a causa del pericolo d'incendio”. Le pagine del libro
restituiscono le atmosfere post belliche di quegli anni, l'arcaicità di un
mondo distrutto dalla guerra, poverissimo e non ancora travolto dalla modernità
e dal turismo, una delle sue industrie pesanti più invasive.
Vivissima è la testimonianza sulle profonde trasformazioni
politiche dell'area adriatica, con alcune considerazioni di prima mano
sull'evoluzione del diporto in quegli anni. Scrive infatti l'autore che prima
della guerra, quando Istria e parte della Dalmazia erano italiane, c'erano
molti diportisti, mentre poi ne rimasero pochissimi, anche perché “il clima
della Jugoslavia di Tito non era salutare per gli italiani”.
Se quelle vicende sembrano oggi lontanissime nel tempo, sempre
attuali sono le difficoltà della navigazione, a cominciare da quelle nel Golfo
di Venezia. Prima tra tutte la Bora “il terribile vento settentrionale del Mar
Adriatico”, che sorprende per la prima volta la barca finlandese alla fonda
nell'Isola di Lussino, per poi spingerla felicemente nei giorni successivi tra
le meravigliose isole foranee che si allungano verso sud per centinaia di
miglia. Raggiunta Ragusa il viaggio prosegue verso Brindisi per ritornare a
oriente nelle isole greche dello Ionio e, passato Corinto, ancora più a sudest
in quel “mare di Icaro”, il cui tragico volo “non era un fatto fortuito, era un
esempio: la sua audacia è parte integrante dell'atteggiamento dell'uomo
occidentale nei confronti della vita”. Senza dimenticare che secondo il mito
sempre Icaro e il padre Dedalo sono gli inventori della vela, la prima
potentissima e pericolosissima macchina che ha permesso all'uomo di
oltrepassare le Colonne d'Ercole.
Articolo pubblicato sul Corriere Romagna di lunedì 12 agosto 2013