Adriatico, mare d'Europa
Dal primo di luglio la Croazia fa parte
dell'Unione Europea. Finalmente, dopo secoli di divisioni e anni di
guerra, l’Adriatico diventa un mare anche politicamente unito sotto
un'unica bandiera, blu come il mare, in cui un marinaio potrebbe
scambiare le stelle per isole, quelle splendide istro-dalmate. Non
dimentichiamo che l'Adriatico è l’unico mediterraneo
geograficamente europeo, a differenza di tutti gli altri sui quali
s'affacciano diversi continenti. Se le prospettive invece sono altre,
storiche, religiose, culturali, allora l'Adriatico “da solo e per
analogia, pone tutti i problemi impliciti nello studio dell'intero
Mediterraneo” continua a ricordarci Fernand Braudel. Un altro
grandissimo narratore mediterraneo, Predrag Matvejević,
ha scritto che “l'Atlantico e il Pacifico sono i mari delle
distanze, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l'Adriatico il
mare dell'intimità”. Per chi lo ha navigato in lungo e in largo
l'Adriatico è un mare duplice, per un'infinità di caratteri,
innanzitutto morfologici e geologici delle opposte sponde. Quasi
completamente basse, sabbiose e antropizzate quelle occidentali, fino
al promontorio del Gargano; rocciose, selvagge e semideserte quelle
orientali. Duplice è anche la sua natura meteorologica, con inverni
di nebbia, gelo e Bora come in un vero mare del nord ed estati di
sole, siccità e Scirocco come in tutti i mediterranei. L'Adriatico è
per antonomasia il luogo di scontro tra le opposte fazioni dei figli
di Eolo, quelli settentrionali, capitanati proprio dalla gelida
zarina siberiana e quelli meridionali, alla cui testa sta l'umido
rais sahariano.
…
Per chi va a vela l’Adriatico rimane
il Golfo di Venezia. Lunghissima la sua storia, indelebili le tracce
architettoniche e culturali, intramontabile la grandiosa aura,
malgrado i successivi tanti tragici errori commessi dalle genti delle
due rive. Ogni anno centinaia di barche a vela provenienti dai porti
dei cinque continenti risalgono il Golfo, non sempre spinte da
favorevoli venti sud-orientali, ma comunque determinate a raggiungere
dal mare la Serenissima. Perché come ha scritto Thomas Mann,
arrivare a Venezia dalla terraferma è come “entrare in un palazzo
dalla porta di servizio” e che solo per nave, dall'alto mare,
bisogna “giungere nella più inverosimile città del mondo”.
Lunghissima o breve che sia stata la navigazione, piccola o grande
che sia la prua, insuperabile è l'emozione di bagnarla nelle acque
sempre agitate del Canal Grande, vedendo sfilare davanti a sé le
straordinarie architetture veneziane, testimoni della grandezza non
solo economica della Repubblica. E ancor prima di tanta magnificenza,
qualsiasi bocca di porto si sia scelto per entrare, già la Laguna e
le sue numerosissime isole avranno regalato forti emozioni. Un
paesaggio unico, per dimensioni e caratteristiche, in cui natura e
cultura si sono nei millenni intimamente mescolate, come le acque
dolci e salate a ogni cambio di marea.
…
I fatti del Novecento
sono tristemente noti, ma non bisogna mai dimenticare che ad anni di
guerra si sono alternati secoli di pace e per festeggiare la
rinnovata fratellanza riporto le parole di due grandi marinai nati e
cresciuti sulle rive adriatiche: Agostino Staulino e Carlo
Sciarrelli. Il primo, nato a Lussinpiccolo nel 1914, diceva che
l'isola dove era nato gli aveva insegnato ad amare il mare,
“sentimento che bisogna coltivare per poter navigare”.
…
Di Carlo Sciarrelli, nato a Trieste nel
1934, oltre alle splendide barche, va ricordata non solo passione,
competenza ed estro per la progettazione degli yacht, ma più in
generale per la cultura del mare. Nell'introduzione al suo “Lo
yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto”, ormai un
classico della letteratura marinaresca, Sciarrelli sollecita l'uso
del “linguaggio del mestiere, dal quale non si può prescindere”,
quel linguaggio che apprese ed affinò proprio navigando in
Adriatico.
…
Ora che da Trieste a Otranto, da Capodistria (Koper) a Ragusa (Dubrovnik), l'Adriatico è un mare d'Europa sarà più semplice conoscersi e riconoscersi, certi che l'appartenenza adriatica è un fatto esperienziale che deve diventare anche culturale, basta semplicemente mollare gli ormeggi per avventurarsi in quel "mar grando" caro al poeta Biagio Marin.
L'articolo completo è pubblicato sull'ultimo numero del mensile Bolina (luglio-agosto 2013)
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