Joseph Conrad
John Mack, che per trent'anni è
stato direttore del Museo dell'Uomo al British Museum, propone in
“Storia del mare” (Odoya, Bologna; pp 304, € 18), pubblicato nel 2011 e appena tradotto da
Odoya, casa editrice indipendente con sede a Bologna, un documentato
compendio su un ambiente che non è mai stato amico dell'uomo,
ma al più complice della sua irrequietezza, riprendendo le
parole di Joseph Conrad, il più grande scrittore-marinaio del
Novecento.
John
Mack ha avviato la sua ricerca partendo da due domande, una
riguardante il Madagascar e l'altra l'Anglia. Due luoghi agli
antipodi che hanno obbligato l'autore a navigare
in tutti i mari e gli oceani, alla ricerca di similitudini e
differenze. Perciò il primo capitolo s'intitola “Mari
diversi?”, a cui ne seguono due dedicati a concezione, navigazione
a arti nautiche. Il libro, ben illustrato in un sobrio e suggestivo
bianco e nero, prende poi in esame la spiaggia “un luogo ambiguo,
uno spazio intermedio ... né completamente terrestre né
tuttavia marittimo, dotato di un effetto metaforico”. In
conclusione Mack si sofferma sul vocabolario del mare e
sull'immaginario che l'uomo ha cercato di trasferire a terra,
costruendo anche edifici e chiese a forma di nave. Parola
quest'ultima che in inglese significa proprio navata e, scopriamo sul
vocabolario, mozzo. Nave, neiv,
un'unica parola che riconosce implicitamente la grandezza dell'ultimo
di bordo. Un'appendice dedicata alla letteratura italiana del mare
integra e completa questo racconto delle “genti d'acqua salata”,
anche le più umili, quelle che hanno navigato e continuano a
navigare in Mediterraneo.
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