SAN PIETRO (Arcipelago del Sulcis)
“Il Mediterraneo è un immenso
archivio e un profondo sepolcro”, ci ricorda Predrag Matvejevic,
Omero balcanico di maestosa cultura. In quest'immenso archivio
possiamo cercare non solo le storie di arcipelaghi geografici, ma
ancor più suggestive tracce di arcipelaghi linguistici. E' il
caso dell'arcipelago Tabarchino che riunisce, attraverso la
lingua e la storia di una comunità genovese, le isole di
Sant'Antioco e San Pietro in Sardegna, l'isla de Nueva Tabarca
vicino Alicante in Spagna e l'isololotto di Tabarka,
prospicente l'omonima città in Tunisia. Quattro isole
geograficamente lontane, accomunate dalla lingua tabarchina e legate
alle visissitudini di una comunità di pescatori originaria di
Pegli, che nei secoli fece vela in massa tra le varie isole, a
seconda dei venti del tempo. Il primo spostamento dalle coste
liguri a quelle magrebine avvenne nel 1540, a seguito di un accordo
tra la famiglia nobile dei Lomellini e il bey di Tunisi. Lì i
pescatori di Pegli sfruttarono i vicini e profiqui banchi di corallo
fino al 1738, quando un nutrito gruppo si trasferì
nell'arcipelago del Sulcis. Qualche anno dopo la piccolissima isola,
poco più di uno scoglio vicino alla terraferma, venne invasa
dai saraceni e gli abitanti uccisi o fatti schiavi.
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L'articolo completo è pubblicato sul numero di ottobre 2012 di BOLINA