Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

venerdì 5 ottobre 2012

Insulomania


SAN PIETRO (Arcipelago del Sulcis)

“Il Mediterraneo è un immenso archivio e un profondo sepolcro”, ci ricorda Predrag Matvejevic, Omero balcanico di maestosa cultura. In quest'immenso archivio possiamo cercare non solo le storie di arcipelaghi geografici, ma ancor più suggestive tracce di arcipelaghi linguistici. E' il caso dell'arcipelago Tabarchino che riunisce, attraverso la lingua e la storia di una comunità genovese, le isole di Sant'Antioco e San Pietro in Sardegna, l'isla de Nueva Tabarca vicino Alicante in Spagna e l'isololotto di Tabarka, prospicente l'omonima città in Tunisia. Quattro isole geograficamente lontane, accomunate dalla lingua tabarchina e legate alle visissitudini di una comunità di pescatori originaria di Pegli, che nei secoli fece vela in massa tra le varie isole, a seconda dei venti del tempo. Il primo spostamento dalle coste liguri a quelle magrebine avvenne nel 1540, a seguito di un accordo tra la famiglia nobile dei Lomellini e il bey di Tunisi. Lì i pescatori di Pegli sfruttarono i vicini e profiqui banchi di corallo fino al 1738, quando un nutrito gruppo si trasferì nell'arcipelago del Sulcis. Qualche anno dopo la piccolissima isola, poco più di uno scoglio vicino alla terraferma, venne invasa dai saraceni e gli abitanti uccisi o fatti schiavi.

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L'articolo completo è pubblicato sul numero di ottobre 2012 di BOLINA