Ma il campeggio nautico in Italia è praticato pochissimo per diversi motivi. Probabilmente innanzitutto perché manca una vera e propria cultura del mare, per una vela che non sia solo sportiva o per forza fatta con grosse barche. A ciò si aggiunge la privatizzazione delle coste, spesso a fini esclusivamente balneari. Su Bolina di giugno, raccogliendo le sollecitazioni di diversi lettori, ho provato a fare il punto della situazione, con un'idea molto concreta, a costo zero. Di seguito trovate una parte dell'articolo. Buon vento ... ovviamente con barca minima e rotta massima!
Il campeggio nautico è una nobile e
nuova forma di nomadismo. Un nomadismo ludico, ma non per questo meno
importante per rimetterci in stretto contatto con la natura. Ha
comunque oltre un secolo di storia, anche considerando solo il
viaggio di John MacGregor, narrato in “Un migliaio di miglia con la
canoa Rob Roy”, pubblicato nel 1866. Senza dimenticare che il
campeggio nautico è una rinnovata pratica di cabotaggio costiero, di
cui l'Odissea è il più antico racconto.
Oggi il campeggio nautico, a vela o a
remi, non è solo un'attività per romantici vagabondi o per
impenitenti spartani, ma un'occasione concreta per diffondere una
cultura marinaresca e per rilanciare una “altra economia” del
mare. Così come la deriva non è solo una barca per regatanti, ma un
piccolo-grande mezzo di viaggio, lento, faticoso, appassionante ed
ecologico, al pari della bicicletta. Purtroppo però in Italia il
campeggio nautico è fortemente osteggiato e dei piaceri della
deriva, non esclusivamente agonistici, si è quasi persa memoria.
Eppure anche in Italia è esistito un tempo in cui non solo le
“spiagge erano piene di beccaccini, dinghy e mosconi”, come ci ha
ricordato su queste pagine Cino Ricci, ma venivano pubblicati manuali
dalle più importanti case editrici a firma di Franco Bechini e
Antonio Fulvi. Nel 1972 addirittura il Touring Club Italiano lanciò
un concorso con un milione di lire di premio, per una barca ideale
per la crociera-campeggio. Certamente lontani sono quegli anni e
quello spirito un po' hippy, ma immutate rimangono le potenzialità
offerte dalle esperienze di velabondismo o yachting camping o
dinghy cruising, come lo chiamano gli anglosassoni. Una deriva ha
costi contenuti, di acquisto e gestione; enormi sono invece gli
orizzonti acquei da esplorare, considerando anche la facilità con
cui si può trasportare con una piccola auto. Perché con una deriva
si può bordeggiare in mare e in lago anche a pochi metri dalla riva,
senza dimenticare delta e lagune, luoghi meravigliosi e selvaggi. Se
poi al piacere della veleggiata si aggiunge anche quello della
scoperta a terra e della notte in tenda o all'addiaccio, allora siamo
entrati nel meraviglioso mondo del campeggio nautico. Un'esperienza,
quella della vita all'aria aperta che è in grande rilancio, a
partire dal cicloturismo e dall'escursionismo, e muove anche
un'importante “altra economia” turistica.
...
Così come nei
porti e nei marina ci dovrebbero essere il 10% dei posti riservati al
transito, perché non ce ne dovrebbero essere altrettanti nelle
centinaia di circoli e cantieri nautici che hanno aree in concessione
demaniale lungo le spiagge? Una misura che potrebbe essere discussa
prima con tutti i soggetti privati e pubblici coinvolti, per essere
poi normata semplicemente all'interno delle ordinanze balneari
emanate dalle regioni. Spazi e strutture minime ci sono già,
andrebbero solo definite modalità ed eventuali costi, in linea con
quelli dei servizi offerti dai campeggi. Per i circoli che aderissero
a un progetto di rete sul campeggio nautico, si potrebbero prevedere
anche degli sgravi fiscali sui canoni d'affitto delle concessioni
demaniali o di altre tasse che comunque gravano sui loro bilanci.
Ma tralasciando
possibili e necessari approfondimenti normativi, per iniziare questa
prassi virtuosa d'ospitalità, basterebbe che i circoli mettessero
volontariamente a disposizione anche solo 4 o 5 posti per derive in
transito, con la possibilità di campeggiare in spiaggia e usufruire
dei servizi igienici.
...
Sempre su BOLINA di giugno 2016 troverete un'ampia panoramica sulle piccole derive che si possono facilmente caricare sul tetto di un'auto.