Simone Bianchetti è stato per me la reincarnazione di Long
John Silver. Di quel pirata avevo letto da bambino qualità e gesta narrate da
Robert Luis Stevenson ne “L'Isola del Tesoro” e, anni dopo, il suo diario trascritto
con altrettanta maestria da Björn Larsson ne “La vera storia del pirata Long
John Silver”. Come quell'indomito avventuriero, anche Simone aveva un
fortissimo spirito di ribellione e un'altrettanta potente determinazione. Non
credo cercasse il tesoro dorato del capitano Flint ma, forse, quello che offre,
spesso a duro prezzo il mare: la libertà. Di certo come Silver se ne
“infischiava della vita eterna” e sapeva “meglio di chiunque altro che non ci è
data che una sola e unica vita da questo lato della fossa”.
Di Simone avevo sentito narrare le gesta in banchina a
Rimini, alla metà degli anni Ottanta, e poi me lo ero ritrovato a bordo di una
barca, di cui non ricordo più il nome disperso nelle nebbie fittissime del
tempo, alla partenza della Rimini Corfù Rimini, alla fine di quel decennio. Entrambi
marinai, entrambi imbarcati un po' alla cieca, come tanti altri ragazzi
innamorati del mare che in quegli anni hanno potuto mettere alla prova la loro
passione in quella bellissima e faticosissima regata d'altura.
…
Di quella fondamentale avventura vissuta con Simone ricordo
innanzitutto le chiacchierate notturne nelle lunghe ore di bonaccia e, meglio
di ogni altro, un episodio occorsoci al largo del Gargano, durante il ritorno.
Dopo un pomeriggio di Scirocco con al giardinetto e lo spinnaker issato, che
faceva filare la barca a 7-8 nodi, improvvisamente il vento dapprima calò per
poi girare a nord e salire fino a oltre 30 nodi. Insomma un classico siòn,
come lo chiamavano un tempo i marinai. Purtroppo per noi la drizza dello
spinnaker si era incattivita e la vela aveva avvolto l'albero e l'attrezzatura,
stendendo la barca. Evitammo peggiori conseguenze solo grazie alla velocissima
salita sull'albero di Simone. In pochi secondi si era arrampicato a 15 metri d'altezza e,
mollando il moschettone della drizza, ci aveva permesso di ammainare la vela.
…
Quando prendo il largo da solo e guardo il segnavento in
testa d'albero, ogni tanto vedo Simone che sta di vedetta lassù, come in quel
lontano pomeriggio di giugno in mezzo alla burrasca, per controllare la mia
rotta. Lui mi saluta fischiettando la rima della pirateria, “Quindici uomini,
quindici uomini, sulla cassa del morto”, e io gli rispondo, “Yo-ho-ho, e una
bottiglia di rum!”.
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