Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 14 marzo 2013

Il nostro mare quotidiano


Pubblico una parte del racconto scritto per il nuovo numero della rivista Lettera Internazionale (n.114) dedicata ai difficili rapporti tra i paesi europei, che stanno fuori e dentro lUnione Europea, tra cui quelli che si affacciano allAdriatico.

Appartenenza adriatica

Contro l'identità, per un'appartenenza adriatica.
Anche per testimoniare quest'idea ogni giorno nuoto e navigo, cammino e ascolto, leggo e scrivo, imparando una parola delle lingue dell'altra sponda, raccontando una storia che l'onda regala. Costruisco così quotidianamente un'appartenenza, sostituendo ogni tanto qualche corso di fasciame malandato a quella fragile arca chiamata Koiné adriatica, dove sono imbarcato come murè. Una nave antichissima che oggi deve affrontare anche la tempesta Krísis, una dura depressione con il minimo barico proprio sul Mediterraneo orientale. Per fortuna non sono solo, anzi in questi decenni ho conosciuto a bordo abili marinai, comandanti, cartografi e maestri d'ascia. Gente di mare che parla lingue diverse ma che è accomunata dalla passione per l'Adriatico. Sono concordi nel credere che la sicurezza della navigazione dipenda dalla coesione di tutto l'equipaggio, dall'ultimo dei mozzi al primo dei comandanti.
La Koiné adriatica per millenni si è mossa grazie alla spinta dei remi e dei venti. Gli storici ci ricordano che il primo è stato quello greco, che ha riempito vele mitiche, di Giasone, Diomede, Antenore e Odisseo, portandoli in isole reali e fantastiche, come le Elettridi e Absirto, le Diomedee e Ogigia. Lo stesso vento ha mosso navi reali, cariche di genti, merci e culture, verso il Salento, poi più a nord fino a Zara, Ancona, Spina, Adria, che per Strabone diede anche il nome al Golfo. Nei secoli successivi il vento è girato e si sono susseguiti quello romano, bizantino, veneziano, turco e asburgico. Poteri militari, politici ed economici che hanno imposto egemonie culturali, secondo la definizione di Sergio Anselmi. Ma chi ha navigato sa che l'Adriatico, come e più degli altri mediterranei, è un mare in cui i venti sono bizzarri, a lunghe bonacce seguono violente tempeste. Così anche la fragile Koiné adriatica qualche volta ha navigato con venti favorevoli, altre volte è stata sbattuta da burrasche violente, di direzione variabile.
Fuor di metafora, credo che la vera sfida culturale e politica delle genti adriatiche sia sostituire alle identità nazionali o addirittura regionali proprio un'appartenenza adriatica.
Se il XX secolo è stato il secolo dei nazionalismi, in cui il mare era una confine, il XXI secolo può rappresentare invece un'occasione per rinnovare l'integrazione, in cui il mare ritorna ad essere visto e vissuto come pontos, collegamento tra le opposte sponde, geografiche, religiose e culturali.
Questi anni possono quindi rappresentare un'occasione per riscoprire e aggiornare la koiné adriatica, in uno spazio finalmente europeo e condiviso. Senza dimenticare però che, malgrado i drammatici rivolgimenti di fine secolo, l'Adriatico è l'unico vero mediterraneo d'Europa che non lo è ancora politicamente per intero. Alla frammentazione balcanica si contrappone la novecentesca incapacità italiana ad aprirsi sul mare e l'altrettanto duraturo isolamento albanese. A ciò vanno poi ad aggiungersi i nuovi interessi tedeschi e russi, sia lungo le coste orientali che occidentali. A riguardo non è necessario essere esperti di economia o geopolitica, basta frequentare i porti di Lignano, Rimini e Bari o quelli di Pula, Dubrovnik e Budva.
Senza retorica dobbiamo quindi constatare che l'Adriatico è un mare che ancora divide genti e culture, mentre al largo scorrazzano le economie, spesso piratesche. Un mare che è comunque lo sfondo naturale, l'habitat direbbero gli ecologi, comune di milioni di persone che popolano le rumorose rive occidentali e quelle silenziose orientali. E' questa una delle tante duplicità adriatiche, emblematica di una condizione ambientale più generale. Perché l'Adriatico è, a seconda delle stagioni, un gelido e nebbioso mare settentrionale o un caldo e luminoso mare meridionale, perché sulle sue acque si scontra la fredda e secca Bora con il tiepido e umido Scirocco, perché c'è una divisione netta tra un occidente sabbioso con acque torbide e un oriente roccioso con acque limpide.
La rotta adriatica è lunga e pericolosa, richiede uno sforzo fisico e mentale, ma come ogni viaggio vero e faticoso regala forti emozioni e piacevoli incontri. Predrag Matvejević, l'Omero balcanico che è partito proprio dall'Adriatico per raccontare magistralmente il Mediterraneo, continua a incoraggiarci a scoprire questo mare dell'intimità.
Prendendo il largo, mettendo la prua verso l’orizzonte marino, non dimenticando di portare con noi qualche buona lettura, ma anche immagini e musiche capaci di emozionare, potremo forse un giorno trovare la nostra sognata Adriatica.  

1 commento:

  1. Spero solo che la sognata Adriatica
    non svanisca per sempre con l'entrata della Croazia nell' UE ma, continui ad esercitare quell'attrazione profonda in chi ha il mare dentro.

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