Pubblico una parte
del racconto scritto per
il nuovo numero della
rivista Lettera Internazionale
(n.114) dedicata ai
difficili rapporti tra i
paesi europei, che stanno
fuori e dentro l’Unione
Europea, tra cui quelli
che si affacciano
all’Adriatico.
Appartenenza
adriatica
Contro l'identità, per
un'appartenenza adriatica.
Anche per testimoniare
quest'idea ogni giorno nuoto e navigo, cammino e ascolto, leggo e
scrivo, imparando una parola delle lingue dell'altra sponda,
raccontando una storia che l'onda regala. Costruisco così
quotidianamente un'appartenenza, sostituendo ogni tanto qualche corso
di fasciame malandato a quella fragile arca chiamata Koiné
adriatica, dove sono imbarcato come murè.
Una nave antichissima che oggi deve affrontare anche la tempesta
Krísis, una dura depressione con il minimo
barico proprio sul Mediterraneo orientale. Per fortuna non sono solo,
anzi in questi decenni ho conosciuto a bordo abili marinai,
comandanti, cartografi e maestri d'ascia. Gente di
mare che parla lingue diverse ma che è accomunata dalla
passione per l'Adriatico. Sono concordi nel credere che la sicurezza
della navigazione dipenda dalla coesione di tutto l'equipaggio,
dall'ultimo dei mozzi al primo dei comandanti.
La Koiné
adriatica per millenni si è mossa grazie alla spinta dei
remi e dei venti. Gli storici ci ricordano che il primo è
stato quello greco, che ha riempito vele mitiche, di Giasone,
Diomede, Antenore e Odisseo, portandoli in isole reali e fantastiche,
come le Elettridi e Absirto, le Diomedee e Ogigia. Lo stesso vento
ha mosso navi reali, cariche di genti, merci e culture, verso il
Salento, poi più a nord fino a Zara, Ancona, Spina, Adria, che per
Strabone diede anche il nome al Golfo. Nei secoli successivi il vento
è girato e si sono susseguiti quello romano, bizantino, veneziano,
turco e asburgico. Poteri militari, politici ed economici che hanno
imposto egemonie culturali, secondo la definizione di Sergio Anselmi.
Ma chi ha navigato sa che l'Adriatico, come e più degli altri
mediterranei, è un mare in cui i venti sono bizzarri, a lunghe
bonacce seguono violente tempeste. Così anche la fragile Koiné
adriatica qualche volta ha navigato con venti favorevoli,
altre volte è stata sbattuta da burrasche violente, di direzione
variabile.
…
Fuor di metafora, credo
che la vera sfida culturale e politica delle genti adriatiche sia
sostituire alle identità nazionali o addirittura regionali proprio
un'appartenenza adriatica.
Se il XX secolo è stato
il secolo dei nazionalismi, in cui il mare era una confine, il XXI
secolo può rappresentare invece un'occasione per rinnovare
l'integrazione, in cui il mare ritorna ad essere visto e vissuto come
pontos, collegamento tra le opposte sponde, geografiche,
religiose e culturali.
Questi anni possono
quindi rappresentare un'occasione per riscoprire e aggiornare la
koiné adriatica, in uno spazio finalmente europeo e condiviso. Senza
dimenticare però che, malgrado i drammatici rivolgimenti di fine
secolo, l'Adriatico è l'unico vero mediterraneo d'Europa che non lo
è ancora politicamente per intero. Alla frammentazione balcanica si
contrappone la novecentesca incapacità italiana ad aprirsi sul mare
e l'altrettanto duraturo isolamento albanese. A ciò vanno poi ad
aggiungersi i nuovi interessi tedeschi e russi, sia lungo le coste
orientali che occidentali. A riguardo non è necessario essere
esperti di economia o geopolitica, basta frequentare i porti di
Lignano, Rimini e Bari o quelli di Pula, Dubrovnik e Budva.
Senza retorica dobbiamo
quindi constatare che l'Adriatico è un mare che ancora divide genti
e culture, mentre al largo scorrazzano le
economie, spesso piratesche. Un mare che è comunque lo sfondo
naturale, l'habitat direbbero gli ecologi, comune di milioni di
persone che popolano le rumorose rive occidentali e quelle silenziose
orientali. E' questa una delle tante duplicità adriatiche,
emblematica di una condizione ambientale più generale. Perché
l'Adriatico è, a seconda delle stagioni, un gelido e nebbioso mare
settentrionale o un caldo e luminoso mare meridionale, perché sulle
sue acque si scontra la fredda e secca Bora con il tiepido e umido
Scirocco, perché c'è una divisione netta tra un occidente sabbioso
con acque torbide e un oriente roccioso con acque limpide.
…
La rotta adriatica è
lunga e pericolosa, richiede uno sforzo fisico e mentale, ma come
ogni viaggio vero e faticoso regala forti emozioni e piacevoli
incontri. Predrag Matvejević, l'Omero balcanico che è partito
proprio dall'Adriatico per raccontare magistralmente il Mediterraneo,
continua a incoraggiarci a scoprire questo mare dell'intimità.
Prendendo il largo,
mettendo la prua verso l’orizzonte marino, non dimenticando di
portare con noi qualche buona lettura, ma anche immagini e musiche
capaci di emozionare, potremo forse un giorno trovare la nostra
sognata Adriatica.
Spero solo che la sognata Adriatica
RispondiEliminanon svanisca per sempre con l'entrata della Croazia nell' UE ma, continui ad esercitare quell'attrazione profonda in chi ha il mare dentro.