mercoledì 11 aprile 2012
Il nostro mare quotidiano
Anemos o dei venti adriatici
Un racconto di Fabio Fiori
Introduce Marilena Giammarco
Lunedì 16 aprile 2012, ore 17.30
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere
Università G.D'Annunzio di Chieti e Pescara
V.le Pindaro ,42 -Pescara
Vento, vjetar per i croati, parola con origine comune in molte lingue indoeuropee. Per tutti i marinai è il respiro del mare, che porta nel cielo le nuvole e sull'acqua le navi. Più tecnicamente il vento è “quella corrente di aria atmosferica, che trapassa da luogo a luogo sopra alcuno dei trentadue rombi dell'orizzonte”. Due righe stracariche di significati meteorologici e insieme storici, di fatti di natura e cultura. Ma prima di inseguire il vento, certo dell'impossibilità non solo di raggiungerlo ma anche di descriverlo in maniera sufficiente, voglio ricordare le parole di Nicolò Tommaseo, che ha respirato a pieni polmoni aria e cultura delle due sponde. Il dalmata nel suo dizionario ci ricorda che “perché il vento sia buono, basta a buon navigante che non sia contrario”. Una verità in apparenza banale, ma che credo meriti di essere ricordata nell'età dei motori, fatta di supponenza innaturale. E di quanto il vento determinasse fortune o disgrazie del marinaio ne è testimone l'augurale “buon vento”, sopravvissuto nel linguaggio comune al definitivo tramonto novecentesco dell'età della vela.
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Consci di non poterli rinchiudere in un omerico otre, lasciando quindi a Eolo la divina facoltà, i marinai hanno pensato quantomeno di legarli a un fiore molto ricco di petali: la rosa dei venti. Trentadue per la precisione, ognuno dei quali occupa poco più di undici gradi. Otto sono i venti principali, altrettanti quelli secondari, sedici le quarte. Qui di seguito, a differenza che nelle altre pagine, utilizzerò il maiuscolo, che restituisce la prassi dei portolani e l'ossequio dei marinai. I nomi dei venti principali in italiano ci dicono di punti geografici inequivocabili, Levante, Ostro e Ponente, ma raccontano anche di un tempo in cui l'isola di Malta, posta al centro del Mediterraneo, era anche il fulcro del mondo marittimo. Posizionando la rosa dei venti sull'isola maltese si capiscono i riferimenti geografici: il Greco da nordest, lo Scirocco da sudest, il Libeccio da sudovest, il Maestrale da Roma città maestra a nordovest, e la Tramontana dai monti a nord. Lascio a ben più dettagliate rappresentazioni i nomi e il fascino dei comprimari, che però va ricordato in alcuni luoghi superano per forza e fama gli attori principali. Basti pensare alla Bora da nord-nordest, regina indiscussa dell'Adriatico che scende dalle alte montagne che lo chiudono da Trieste a Dulcigno. Della Bora, la scura e la chiara, da secoli parlano non solo i marinai, ma anche portolani e isolari, giornali e libri; un profluvio di parole che testimonia la sua forza, insieme bella e terribile. O ancora del Garbino da sud-sudovest, insieme torrido e pazzo, un vento rafficato lungo la costa occidentale, umorale anche nei ben noti effetti sul carattere degli uomini.
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Di debole forza è la brezza, che increspa appena la superficie del mare, ma è sufficiente a muovere un veliero. E oggi, forse come un tempo, proprio con le brezze tese l'andare a vela è piacevolissimo, un insuperabile stato di armonia con gli elementi marini. In queste condizioni il vento riempie le vele e se di bolina sbanda appena la barca, che nella quiete del mare s'abbrivia e incomincia a percorrere miglia. Lungo le coste adriatiche le brezze sono un fenomeno più frequente nei mesi primaverili ed estivi, quando con tempo buono le differenze termiche tra la terra e il mare innescano appunto questi venti leggeri. A occidente sono di terra nelle notti stellate, di mare dei giorni assolati; meno regolari per intensità e direzione lungo la frastagliata costa orientale.
Come spesso accade al marinaio, mi accorgo anch'io che il vento, più di ogni altro lemma, è capace di portarmi lontano, allungando oltre misura questa che voleva essere una breve rotta.
“Vento o del fascino di un'energia invisibile” è un lemma di “Abbecedario Adriatico. Natura e cultura delle due sponde” (Diabasis, 2008)
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