In queste settimane è entrata nel vivo la campagna referendaria per “l'acqua bene comune”, in cui siamo tutti chiamati ad esprimerci il 12 e il 13 giugno 2011.
A meno che .... come ci raccontano le cronache di questi giorni il Governo non trovi un altro escamotage per impedire il confronto su questo argomento di primaria importanza. Sulle implicazioni giuridiche e politiche dell'iniziativa ne ha scritto, in maniera chiara e condivisibile, nei giorni scorsi Stefano Rodotà su La Repubblica.
Qui mi preme rilanciare il parallelo tra le acque dolci e quelle salate, tra l'imprescindibile accesso gratuito alle fonti e alle rive, luoghi simbolici di una Penisola. Due casi emblematici del diritto universale a quei beni comuni che, oltre a garantire la sopravvivenza di tutti, si rivelano poi anche potenti volani di un ben-essere diffuso, da non confondere con un ben-avere di pochi. Sempre sulle pagine de La Repubblica, Carlo Petrini ha evidenziato come, in passato, alcune società floride “avevano inventato modi per distribuire l'acqua liberamente a tutti”.
A riguardo voglio ricordare come il diritto all'acqua è in maniera molto efficace raccontato da Ovidio nelle “Metamorfosi” (Libro VI, 313-379), in relazione al mito di Latoma, madre di Apollo e Diana. E' lei ad ammonire la “rozza masnada” che gli impedisce di attingere acqua fresca da bere; “Perché non volete che tocchi l'acqua? La natura non ha fatto di proprietà privata né il sole né l'aria e neppure la fluida acqua. E' a un bene pubblico che mi sono accostata, e ciò nonostante vi chiedo di darmene come si chiede un favore. ... Un sorso d'acqua sarà per me del nettare, e riconoscente dirò di aver riavuto la vita: con l'acqua mi ridonerete la vita. E abbiate pietà anche di questi, che dal mio grembo tendono le braccia”. Ma coloro che dell'acqua pretendono l'esclusiva proprietà sono sordi alle suppliche delle madri, anche a quella della madre degli dei, che in uno scoppio d'ira li punisce facendoli trasformare in rane capaci solo di litigare, imprecare e ingiuriare.
Una favola che va letta in ogni scuola, che va portata nei teatri e nelle piazze, che va raccontata nelle strade e nel web, per far capire che quello che sta succedendo in Italia e nel mondo è una pericolosissima storia antica, quella di chi vuole privatizzare i beni comuni, per farne profitto privato. Una favola che spiega benissimo perché è necessario votare SI' ai referendum sull'acqua pubblica del 12 e 13 giugno; convinti che questa scelta contribuirà anche a rafforzare l'idea che il mare, le spiagge, le rive sono beni comuni.
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