Nello “specchio del
mare”, parafrasando il titolo di un grande libro di Joseph Conrad,
ogni marinaio vede la sua immagine, fatta di esperienze e ambizioni,
di viaggi e di sogni. C'è chi li porta semplicemente dentro per
tutta la vita e con il tempo inevitabilmente si disperdono, come la
scia di una nave. Alcuni invece provano a lasciarne traccia,
attraverso i racconti, fatti di parole o di immagini. Così fa da
trent'anni Gabriele Musante che con grande passione va per mare e usa
la china, la matita e l'acquarello. Parte di questo lavoro è stato
raccolto ed è esposto fino a domenica 3 settembre 2017 nelle sale
espositive del Museo della Marineria di Cesenatico, che fin dalle
origini porta avanti parallelamente un doppio, importante, lavoro di
documentazione, storica e contemporanea, legata ad autori che il mare
lo vivono, lo studiano, lo raccontano oggi nella sua immutata
bellezza, nel suo insuperabile fascino. Un Museo che, consapevole
della lezione di Fernand Braudel, crede che “il mare, così come si
può amarlo e vederlo, sia il più grande documento esistente sulla
sua vita passata”.
Gabriele Musante,
marinaio innanzitutto, quando si è appassionato al mare e alla vela?
Sin da bambino, da quando
andavo in vacanza in Liguria con la famiglia. Prima attraverso la
pesca subacquea poi, a 17 anni, ho fatto il primo corso di vela al
Centro Velico di Caprera. Fu un’esperienza illuminante, da lì la
mia vita stata guidata da due passioni: quella per il mare e la vela
e quella per la pittura.
Quali esperienze
ritiene siano state fondamentali?
Per la vela sicuramente
l'approccio con Caprera e in seguito il periodo trascorso a Cervia
negli anni Ottanta, frequentando Ettore “Uccio” Ventimiglia,
partigiano e pioniere della vela da diporto italiana, Giuseppe
“Peppino” Sartini, maestro d’ascia e titolare dell’omonimo
cantiere, e molti altri.
Un mare che racconta
per immagini, con quali tecniche?
Da sempre preferisco la
matita e la china, a volte l’acquerello.
Quali scuole ha
frequentato e quali maestri ha avuto?
Liceo Artistico e
Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, scuola di scenografia. Lì
il riferimento è stato il professore di storia dell'arte e noto
critico Raffaele De Grada.
Più in generale quali
sono stati e quali sono i suoi autori di riferimento?
Per il fumetto
sicuramente Hugo Pratt che, con le avventure del marinaio Corto
Maltese, ha fatto sognare una generazione intera. Ma altrettanto
potenti sono state le suggestioni di scrittori che hanno saputo
narrare il fascino del viaggio e della scoperta, umana e culturale;
innanzitutto Ernest Hemingway e Robert Louis Stevenson.
Molte delle tavole
esposte a Cesenatico realizzate negli anni Novanta del Novecento
hanno come soggetti barche costruite nei cantieri romagnoli; perché
e che rapporti ha avuto con costruttori, armatori e progettisti?
Durante
il periodo trascorso a Cervia intorno al Cantiere Sartini gravitavano
progettisti come Philippe Harlé e il suo grande allievo Jean-Marie
Finot, o personaggi che non hanno bisogno di presentazioni come Cino
Ricci o meno noti in Italia, ma molto conosciuti in Francia, come
Laurent Cordelle. Tutti trasmettevano la grande passione per quel
mondo, in un momento di particolare fermento non solo tecnico ma
ideologico, si pensava infatti che la vela potesse diventare alla
portata di chiunque la amasse.
Altri quadri esposti
sono invece il frutto di collaborazioni editoriali, con riviste ed
editori; che rapporto c'è tra committenza e ispirazione?
La maggior parte vengono
dalla collaborazione con Bolina, un mensile di culto per i velisti
fondato nel 1985 da Giorgio Casti, a cui io inviavo disegni e chine
che raffiguravano soggetti scelti da me liberamente e poi il
direttore li abbinava a sua discrezione con articoli calzanti. Credo
che questa sia stata la collaborazione che mi lasciò la maggior
libertà espressiva. Ci furono altri rapporti professionali con
testate di Mondadori e Rizzoli dove a volte potei esprimermi sul
mare.
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L'intervista completa la trovare oggi, lunedì 28 giugno 2017, sul Corriere Romagna.