Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 6 dicembre 2011

Biblioteca di mare e di costa



“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare”
Joseph Conrad


Sidi, Khaled, Alaa Abdel, Wael, Ahmed, Nawara, non sono solo alcuni dei nomi dei ragazzi morti o che lottano per la libertà lungo la riva meridionale del Mediterraneo. Sono i nomi anche degli amici dei nostri figli, dei nostri compagni di lavoro, dei nostri alunni, anche qui in Italia. Grazie al loro lavoro le barche continuano a pescare, le campagne a produrre, i cantieri a lavorare, mentre nelle scuole ogni giorno si sperimentano incontri e integrazione tra le giovani generazioni, tra gli italiani di domani. Certo, come ogni fenomeno migratorio di grandi dimensioni, le dinamiche sono complesse e problematiche, ma tutti dovremmo interrogarci sulle vicende mediterranee, che ci riguardano da vicinissimo.
“Siamo tutti Khaled Said”, urlavano solo qualche mese fa i ragazzi di Piazza Tahrir al Cairo. Parte dai nomi, dalle biografie e dalle storie dei giovani protagonisti della rivolta tunisina, egiziana e libica, il racconto di Franco Rizzi. Professore ordinario di Storia dell'Europa e del Mediterraneo presso l'Università di Roma Tre, autore di “Mediterraneo in rivolta” (Castelvecchi, pp, 249, € 15), che ha innanzitutto il pregio di aiutarci a guardare dentro fatti recentissimi, ancora in corso e dall'esito incerto. L'unica certezza è che non possiamo diventare vittime della nostra ignoranza, ossia del rifiuto di ascoltare, riflettere e capire quello che sta accadendo, come ci evidenzia Lucio Caracciolo nella prefazione. Lo stesso avverte subito il lettore che Rizzi non è neutrale, prendendo le parti dei rivoluzionari, ma lo fa con argomenti credibili e originali, attraverso un'analisi storica, sociologica ed economica. Per Rizzi quelle che stanno attraversando il mondo arabo sono scosse di assestamento violente, di quel gigantesco terremoto che fu la colonizzazione europea del XIX e XX secolo. C'è un filo rosso che unisce passato e presente, antiche politiche di sfruttamento rinnovatesi grazie a governi composti da “vecchie cariatidi diventate nel tempo sentinelle e guardiani degli interessi dell'Occidente”. Ristrette oligarchie si sono arricchite per oltre mezzo secolo a discapito di masse sempre più povere, anche se la spinta economica non è stata l'unica causa della rivolta. Non a caso tanti protagonisti hanno evidenziato come quella tunisina non sia stata una “rivolta del pane”. Stereotipi e semplificazioni non aiutano a comprendere le motivazioni e le aspettative dei rivoltosi, così come è necessario non riunire in un'unica analisi tutte le vicende, molto diverse tra loro, sia per trascorsi storici che per situazioni attuali. Le diverse città, che sono state e sono teatro delle sommosse, sono lontanissime tra loro, non solo geograficamente. Bisogna ricordare che Tunisi è molto più vicina a Roma che al Cairo, Damasco ad Atene che a Tripoli. Perciò Rizzi affronta le singole vicende singolarmente, con particolare riguardo a Tunisia, Libia ed Egitto. Una lontananza che è stata ridotta dalle giovanissime generazioni grazie all'uso sapiente delle nuove tecnologie, veicolate attraverso la rete. Inaspettatamente, almeno per i precedenti governi, gli attivisti arabi hanno saputo abilmente utilizzare il web, aggirando i media tradizionali, che erano al servizio o oscurati dai vecchi tiranni.
Visto che il libro si chiude con l'analisi dei fatti del marzo scorso, ci auguriamo che Franco Rizzi riesca ad aggiornarci sui recenti, tumultuosi sviluppi delle vicende, dalla caduta di Gheddafi alle elezioni in Tunisia ed Egitto, fino alla tragica repressione in Siria. Un ulteriore approfondimento per conoscere meglio i nostri vicini di casa, per capire le loro ansie e difficoltà che, per certi aspetti, non sono molto diverse dalle nostre.