Oggi sulle pagine del Corriere Romagna riprendo l'analisi fatta in un precedente post, sulla inciviltà che purtroppo contraddistingue molti motonuati italiani. Ma se il mare è di tutti, perché non immaginare e realizzare almeno le "domeniche blu"?
La Riviera Romagnola, spesso all'avanguardia sui temi del loisir balneare, potrebbe promuovere, prima in Europa, le “domeniche blu”. Così come da diversi anni per motivi ecologici, che si rivelano anche splendide occasioni per praticare una diversa mobilità e una più condivisa socialità, si interrompe il traffico automobilistico privato, allo stesso modo si potrebbe realizzare un'iniziativa simile in mare. Vietando la navigazione privata a motore nelle acque costiere, almeno entro 1 miglio dalla costa, lasciando ovviamente canali di accesso ai porti, si restituirebbero le acque ai piaceri della vela, del remo e del nuoto. Si riproporrebbe una modalità insieme antica (si pensi alle splendide immagini in bianco e nero della Riviera della prima metà del Novecento o ai racconti fulgidi dei nonni) e moderna, cioè realmente sostenibile in termini ecologici e umani. Le “domeniche blu”, oltre a un sicuro impatto mediatico non solo nazionale, aggiornerebbero a costo zero l'immagine della Riviera, usurata e segnata dai deliri edonistici avviati negli anni Ottanta, veicolati dalle automobili, amplificati nelle discoteche e oggi purtroppo portati troppo spesso in riva nei discobar se non addirittura in mare dalle moto d'acqua, l'ultima frontiera del consumo privatistico, dell'individualismo motorizzato in salsa pseudo marinaresca. Le “domeniche blu” attendono solo amministratori pubblici e imprenditori balneari capaci di concretizzare e promuovere un'iniziativa economica ed ecologica, innovativa e romantica.
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