Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

mercoledì 13 gennaio 2016

Venerdì di magro

Sono tanti i pesci e le conchiglie che sono entrati anche nella storia dell’arte, a partire dalle pitture rupestri, tra cui quelle di 10.000 anni fa, della Grotta del Genovese sull’isola di Levanzo, nelle Egadi. Come non ricordare poi i mosaici romani della Villa del Casale di Piazza Armerina o l’ittiografia di Pompei. Si potrebbe costruire un vero e proprio catalogo, ricchissimo per forme e colori, per storie e allegorie. A riguardo, di certo la più allegorica delle conchiglie è la capasanta, magistralmente raffigurata da Sandro Botticelli ne La nascita di Venere. Nel quadro di fine Quattrocento, la capasanta è la barca sospinta da Zefiro, che porta la dea nata dalla spuma del mare. Più in generale, alle conchiglie dei bivalvi è legata un’ampia simbologia sacra e profana, che ha una storia antichissima. Quella della capasanta si riallaccia all’agiografia dell’apostolo Giacomo, che era pescatore insieme al fratello Giovanni e predicò anche in Spagna. Alle misteriose vicissitudini marinaresche del viaggio delle sue reliquie verso la Galizia si lega il suo simbolo, la capasanta o conchiglia di san Giacomo, diventata poi la conchiglia del pellegrino che ha percorso il Cammino di Santiago.

La capasanta “Abita nei fondi calcarei misti di arena; abbonda a dieci miglia  di distanza dal lido occidentale [dell’Adriatico settentrionale], ma si trova in diversi altri siti: commestibile; ricercato.”, annotava Giueseppe Olivi nella sua Zoologia Adriatica, pubblicata nel 1792. E lo stesso abate-naturalista dedicava ampio spazio a una sua “curiosa proprietà”, quella di potersi muovere grazie al movimento delle valve. I pettini, il gruppo a cui la capasanta appartiene assieme ai più piccoli, ma altrettanto buoni, canestrelli, “sono tra le poche che godono la facoltà d’inalzarsi ed ascendere dalla profondità di cento e più piedi fino alla superficie dell’acqua.”. Purtroppo questa specie oggi non abbonda più come nel Settecento e spessissimo quelle che vengono servite al ristorante sono d’importazione, magari decongelate. All’estero la capasanta si alleva, ed essendo un filtratore, nutrendosi perciò di ciò che c’è nell’acqua, di per sé non è un disvalore; è invece la successiva catena commerciale che spesso fa perdere le sue straordinarie qualità gastronomiche. Per il nuovo anno quindi concediamoci almeno una capasanta, simbolo anche di prosperità, ma solo se fresca e poco condita per gustarne appieno il sapore.

Sul mio blog pubblicato su sito Mare de La Stampa, troverete tanti altri pesci!