Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

mercoledì 26 settembre 2012

Biblioteca di mare e di costa


"Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare”
Joseph Conrad



“C'è un rapporto molto particolare fra gli uomini e i cetacei. L'essere umano prova infatti verso delfini e balene una vasta gamma di sentimenti”, spesso antitetici. Da questa prima considerazione prende le mosse il nuovo lavoro di Marco Affronte, “Jack il delfino e altre storie di mare”, appena pubblicato (De Vecchi-Giunti, Firenze; pp 256, € 11,90).
Senza remore, e mai parola sembra essere più calzante, diciamo subito che una certa distanza di vedute ci separa dall'autore. Diverso è il modo di guardare a questi animali, come, più in generale, differente è la concezione del rapporto uomo-natura e soprattutto in passato differente era il giudizio sui delfinari, da qualche anno al centro di un acceso dibattito, popolare e scientifico. Diciamo subito quindi che ci sembra eccessiva l'enfasi posta sui pericoli connessi con “lo strano, esagerato, inusuale rapporto fra esseri umani e cetacei”. Un rapporto che, volenti o nolenti, riflette la continua evoluzione culturale dell'uomo, nello specifico nelle sue relazioni con il mondo animale. Leggendo il libro infatti non si può non pensare al plurimillenario legame tra uomini e animali: da lavoro, da macello, da guardia, da compagnia. Quanto difficili o contraddittori, feroci o amorevoli, saranno state e sono ancora le relazioni con cavalli, asini, buoi, mucche, maiali, galline, cani, gatti, canarini e mille altre specie, per altro diverse nelle varie parti del mondo? Ed è forse questa mancata riflessione di contesto un limite di questo libro.
Ciò non toglie che indubbiamente la ricerca portata avanti da Affronte in questi anni permette di riflettere su alcune evidenti storture nelle relazioni tra uomini e cetacei. Undici storie, da quella vicina nel tempo e nello spazio di Andrea, il tursiope che giocava con bagnati e sub di fronte a Rimini nelle estati del 2008 e 2009,  fino ad altre ben più lontane in tutti i sensi. Come la leggenda di Pelorus Jack un grampo che diede spettacolo per diversi anni, agli inizi del Novecento, nelle acque neozelandesi o l'odissea di Free Willy, un'orca che dopo essere stata una star cinematografica venne  portata da una parte all'altra del Globo, con un enorme dispendio di mezzi e denari. Le incredibili vicende di quest'orca “da storia della nascita di un simbolo diventa cronaca di un delirio”, che vede l'uomo all'opera prima nell'addestramento del grande cetaceo, poi nel de-addestramento per un idealizzato suo ritorno alla natura.
Sempre adriatica è la storia di Filippo tursiope che dal 1997 al 2004 è vissuto nel Golfo di Manfredonia. Una vicenda conclusasi tragicamente con la morte del delfino a causa di un ordigno artigianale utilizzato illegalmente, in modo delinquenziale, per la pesca. Ma la storia di Filippo, come quelle recenti di tanti altri cetacei in ogni angolo della Terra, è esemplificativa anche della potenza, spesso mortale, dei media, che trasformano questi animali in veri e propri fenomeni da baraccone, con tutte le conseguenze del caso.
Questo di Affronte è un libro molto anglosassone nell’approccio globale alla problematica ma capace anche di riflettere la smisurata, encomiabile, passione di un naturalista che, pur vivendo tutte le difficoltà che da anni attraversa la ricerca in Italia, continua a lavorare e contestualmente a raccontare al grande pubblico le straordinarie storie dei cetacei.

L'articolo completo è stato pubblicato lunedì 24 settembre sul Corriere Romagna e può essere letto
http://www.corriereromagna.it/aria-di-mare/2012-09-24/uomini-e-delfini-la-storia-infinita

lunedì 3 settembre 2012

Incontri


Lerici Legge il Mare - 2012

I venti del Mediterraneo

Incontro con Fabio Fiori autore di Anemos (Mursia).
Introduce Vasco Bardi, Circolo Velico Erix.
Sabato 8 settembre 2012,
ore 12.00 Piazza Garibaldi
ore 14.30 a bordo della goletta Lady Lauren
Lerici (SP)

Ogni volta che issiamo una vela, entriamo a far parte di un mondo antico. Rinnovando un rituale di comunione con il vento, entriamo nell’ánemos del Mediterraneo.
I venti sono testimoni della storia millenaria di civiltà e culture che hanno attraversato il Mare Nostrum. Nei loro nomi e nella loro origine sono racchiusi racconti e leggende che, da sempre, hanno stimolato la letteratura e le arti. Se la Tramontana, gelido vento del nord, e l'Ostro, torrida aria del sud, sembrano aver cancellato l'originario significato delle parole, i loro fratelli, Levante e Ponente, rivelano inequivocabilmente la loro provenienza. Libeccio e Scirocco raccontano invece storie arabe, mentre Maestrale ricorda la grandezza delle città maestre, Venezia e Roma. Insieme compongono il più venerato fiore del marinaio.
Per i greci il vento era ánemos, parola insieme potente, evocativa, inafferrabile, misteriosa e spirituale.
Come in un diario di bordo, in cui le date hanno lasciato il posto agli otto petali della rosa dei venti, ho appuntato le mie esperienze intrecciatesi con i miti e le storie, di ieri e di oggi. Brezze leggere o raffiche violente mi hanno portato su alcune delle infinite rotte mediterranee, tracciate dai figli di Eolo. O, più semplicemente, è la lunga dichiarazione d’amore di un anemofilo, che ha imparato ad ascoltare, annusare e respirare i venti in diversi luoghi e stagioni, camminando lungo le rive o navigando a vela.