Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

lunedì 31 gennaio 2011

Notizie




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Il nostro mare quotidiano. Rumori, suoni e voci
di Fabio Fiori e Marco Fagotti
Il Cantiere del 29.01.2011
RAI - RADIO TRE

mercoledì 26 gennaio 2011

Notizie


Sabato 29 gennaio 2011 alle ore 19
Radio Tre "Il cantiere"
“Il nostro mare quotidiano. Rumori, suoni, voci"
di Fabio Fiori e Marco Fagotti

Questo programma è una variazione sonora sugli argomenti di cui scrivo anche su questo blog dal maggio scorso.
Per l'occasione ho scritto un racconto a due voci sulla gratuità del mare, cercando di restituire i piaceri uditivi che offrono spiagge, falesie e banchine portuali. Un canto al mare, inteso come il primo bene comune di una Penisola, l'unico grande paesaggio naturale delle nostre affollatissime, spesso sciupate, rive urbane.
In questo caso le voci dei due protagonisti, una bambina e un uomo per un doppio registro poetico e narrativo, si intrecciano con quelle di Massimo Troisi nel film “Il postino”, di Domenico Modugno nella canzone “Lu pisce spada” e di Fabrizio De André in “Le acciughe fanno il pallone”. A queste voci note si associano quelle altrettanto evocative dei pescatori del documentario “Il mondo perduto” di Vittorio De Seta e dei protagonisti del film “Amarcord” di Federico Fellini. Il racconto si completa con alcuni brani di Marco Fagotti, realizzati utilizzando conchiglie, fisarmonica e campionatore.
Un omaggio sonoro al più grande ambiente naturale italiano, il nostro mare quotidiano, quello che che bagna le nostre città, regalandoci ogni giorno emozioni e suggestioni. Il rumore di un'onda che frange contro una scogliera o il suono del vento che sferza gli alberi, il placido sciacquio delle acque o il dolce canto di una brezza. Una riva sulla quale vogliamo liberamente poterci affacciare per ascoltare il sempre nuovo e affascinante richiamo del mare. Voce antichissima e profetica, che del Mediterraneo ci ricorda la millenaria storia e le molteplici future rotte.

Il nostro mare quotidiano

Quale miglior occasione di una bella giornata di sole invernale, una di quelle che seguono le burrasche, per sentire l'odore del mare. Il Maestrale, la Tramontana o il Grecale, a seconda delle coste e delle diverse situazioni meteorologiche. Comunque gelide arie settentrionali che lucidano il cielo e alzano le onde. Venti che sulle nostre spiagge portano con forza l'odore del mare, e che, a ben sentire, riescono a portarlo anche nelle strade e nelle piazze delle nostre città, regalandoci inaspettatamente un intenso piacere olfattivo, magari in una frenetica giornata lavorativa.
Chi ha conosciuto il mare da bambino, e se ne è per sempre innamorato, ha una sua mappa olfattiva. Una carta in cui linee e punti sono sostituiti da odori e aromi, di acque e sabbie, di pesci e pini, di barche e vele. Odori capaci di resistere alle temperie degli anni, alle trasformazioni dei luoghi. Li andiamo cercando nelle nostre passeggiate in riva al mare o lungo le banchine portuali, ritrovando ogni volta odori antichi, magari dimenticati, e scoprendone di nuovi altrettanto suggestivi. Dovremmo batterci non solo per rivendicare il libero accesso al mare, ma per mantenere il lavoro nel cuore delle nostre città, per poter respirare quegli odori che lo caratterizzano. Consapevoli del fatto che l'unicità dei luoghi ha anche una sua dimensione olfattiva. Odori di reti e cime, di vele e fasciami, di ancore e cavi, di genti che lavorano, che sudano, che rinnovano ogni giorno antichissimi mestieri o consuetudini. Uomini che aggiornano i significati e gli odori appunto, di una appartenenza mediterranea, fatta di incontri e impegno, di fatiche e gioie condivise lungo le rive, a prescindere dal luogo di nascita, a partire da quello del vivere.

mercoledì 19 gennaio 2011

Notizie


Per chi non lo avesse letto, suggerisco l'interessante reportage di Attilio Bolzoni dedicato al porto di Gioia Tauro, pubblicato venerdì 14 gennaio 2011 su Repubblica.
Un'inchiesta sulla difficile situazione del più grande terminal container italiano, che risente oltre che della crisi economica internazionale, anche della concorrenza degli altri grandi scali mediterranei, primi fra tutti Tangeri e Port Said. Situazione descritta nel libro di Sergio Bologna, di cui ho scritto in un post di qualche settimana fa.
Ma leggendo l'articolo di Bolzoni non si può non correlare la crisi di Gioia Tauro anche al difficilissimo rapporto che c'è con il territorio. Questo calabrese è un caso emblematico dell'incapacità italiana di trovare, o almeno cercare, un equilibrio lungo le coste, tra le necessarie strutture portuali e le altrettanto imprescindibili ragioni di chi rivendica un libero accesso alle rive, nell'ottica di un armonico rapporto con il mare e il paesaggio costiero. Temi di cui, come già evidenziato, si sono occupati Aimaro Isola e Rosario Pavia, su “Il Giornale dell'Architettura” del novembre scorso.

venerdì 14 gennaio 2011

Notizie


Un vento, un racconto
Otto storie per gli altrettanti venti della Rosa

Si parlerà di venti martedì 18 gennaio 2011, , alle ore 21, al Circolo Velico Riminese.
Presenterò otto brevi racconti per gli altrettanti venti italiani, con qualche doverosa digressione romagnola, a partire dal torrido, rafficato, “lunatico” Garbino.
Conoscere i venti per il marinaio è importante, per quello di ieri e per quello di oggi, imbarcato su enormi vascelli d'acciaio o malandati scafi di legno. Indispensabile diventa poi lo studio e la pratica dei venti per chi va a vela, nella dimensione sportiva, crocieristica o vagabonda. I venti hanno una direzione, un'intensità, una temporalità, ma hanno anche caratteri particolari, legati alle geografie dei luoghi, alle esperienze individuali e collettive. I venti hanno colori e odori, sfumature e fragranze. Per questo nella storia plurimillenaria del Mediterraneo sono i soggetti di un'altrettanto variegata e affascinate mitologia e letteratura, a partire da Eolo “custode dei venti”.
Alcune di queste storie le ho pubblicate sul mensile nautico Bolina (nel numero in edicola troverete "Levante"), brevi, spensierate, veleggiate narrative “tra miti, leggende e racconti, tra lontane, vere o presunte, origini delle parole che in italiano ci dicono dei venti. Quelli che attraversano tanta poesia italiana del Novecento sono gli stessi cantati dai lirici greci che rimangono, indissolubili, sullo sfondo della grande tradizione mediterranea. Così ogni volta che si mollano gli ormeggi portuali o si vara dalla spiaggia, issando una vela si entra a far parte, consapevolmente o inconsapevolmente, di un mondo antico, rinnovando un rituale di comunione con il vento, entrando nell'anemos del Mediterraneo”.

venerdì 7 gennaio 2011

Biblioteca di mare e di costa


“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare”
Joseph Conrad


Tutti quelli che guardano con ammirazione l'andare e venire delle grandi navi dai porti o che incrociano d'estate al largo le direttrici di grande traffico mercantile, troveranno finalmente un’approfondita e attualissima narrazione nel libro di Sergio Bologna: “Le multinazionali del mare. Letture sul sistema marittimo portuale” (Egea: pp. 326, € 28). Un testo insieme documentato, utile per gli addetti ai lavoro, e comprensibile anche per chi più in generale è interessato al mare e alle sue molteplici economie. Per questi ultimi fin dall'introduzione si chiarisce il ruolo attuale della portualità mediterranea che, se “per lungo tempo è stata relegata in una posizione periferica”, nell'ultimo decennio del Novecento “si è venuta a trovare di nuovo in posizione centrale”. Ma il sogno, o l'incubo secondo forse una più ecologica ed equilibrata visione, “che il Mediterraneo potesse tornare a essere in qualche misura il centro del mondo purtroppo è durato poco”. Qui la storia lascia il campo alla cronaca, quella di una crisi finanziaria che ha fatto risentire i suoi effetti pesantemente sui traffici marittimi, testimoniati anche dai drastici cali di movimento nei porti italiani, registrati negli ultimi anni.
Il lavoro di Sergio Bologna si avvia con una breve analisi sulle origini della portualità moderna, con due storie parallele: Genova e Trieste. Le fortune di quest'ultima sono legate all'apertura del Canale di Suez e non a caso la prima nave che nel 1869 lo attraversò fu uno steamship triestino: il “Primo”. Ma già nel 1876 Genova riconquisterà “quel primato, tra i porti italiani, che mantiene tutt'oggi”.
Il libro prosegue poi con l'analisi delle cinque fasi della storia portuale, dalla metà dell'Ottocento ad oggi: fondazione, industrializzazione, ricostruzione, deindustrializzazione, globalizzazione. Quest'ultima, segnata dal successo straordinario del container, divenuto il simbolo stesso della globalizzazione, ha visto la trasformazione radicale dei porti in “terminal container”. Ma come ci ricorda l'autore, “Non si vive di solo container”, anzi rimane attualissima la centralità delle “merci alla rinfusa”, liquide o solide, ossia petrolio, gas, cereali, carbone, minerali, fertilizzanti, ecc. Navi che sono spesso dei gioielli di tecnica, anche se nel “cargo convenzionale sono ancora in servizio fior di carrette”. Enormi a riguardo sono i rischi ambientali, soprattutto per mari chiusi e poco profondi come l'alto Adriatico, tanto che da più parti si valuta la possibilità di richiedere il riconoscimento di “Area Marina Particolarmente Sensibile”, internazionalmente definita PSSA, «Particularly Sensitive Sea Area». Una fragilità ambientale che, seppur nelle spiccate differenze, lo accomuna a tante altre aree sensibili, quali ad esempio le Bocche di Bonifacio, lo Stretto di Messina, il Canale di Otranto.
Un altro elemento dirompente dell'ultimo decennio è il “gigantismo navale”, che ha portato alle
realizzazione di navi full container di 400 metri di lunghezza, 50 di larghezza, con pescaggio di 14 metri e velocità di crociera di 23-25 nodi. Ma questi ULCS, acronimo internazionale che definisce questo genere di navi, necessitano di porti adeguati, con caratteristiche spesso antitetiche a quelle di tante realtà italiane. Basterà qui ricordare che lungo la costa occidentale dell'Alto Adriatico la batimetrica dei 15 metri la si ritrova oltre le 5 miglia dalla riva! O ancora quanto sia necessario stravolgere i delicatissimi equilibri ambientali della Laguna di Venezia per consentire l’approdo a Marghera di enormi mercantili o delle altrettanto gigantesche navi da crociera a Venezia.
Comunque la si pensi, e a riguardo le visioni ambientaliste e liberiste sono spesso inconciliabili, il libro di Sergio Bologna è uno strumento indispensabile per cercare di comprendere la complessità economica che attraversa i mari italiani, che riguarda i suoi porti, che dovrebbe interessare un paese con ottomila chilometri di coste.