Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 30 maggio 2015

Anemofilia


Venerdì 5 giugno 2015, uscirà in abbinamento con Il Sole 24 Ore, al prezzo di 8,90 euro, il mio libro "Anemos. I venti del Mediterraneo", inserito nella collana "Le storie di mare". Sarà una ristampa della edizione che trovate ancora in libreria, edita da Mursia nel 2012.

Di seguito trovate una pagina dedicata ad alcuni dei miti legati ai venti.

Per i greci, che con il mare avevano un rapporto più intimo dei latini, il vento era ánemos, parola insieme potente, evocativa, inafferrabile, misteriosa e spirituale. Tutti aggettivi associabili al respiro dell’uomo e, a maggior ragione, a quello infinito e profondo della natura. Nel mito pelasgico sull’origine della vita si racconta di Eurinome che cattura il Vento del Nord, detto anche Borea, e lo sfrega tra le mani, fino all’apparire del serpente Ofione. Questo vedendo poi la dea danzare con un ritmo sempre più selvaggio, si eccita e la stringe. Infine si accoppiano ed Eurinome si trasforma in una colomba, che vola sopra il mare, per andare a deporre l’Uovo Universale, da cui escono tutte le cose.
Nei secoli successivi il vento fecondatore per eccellenza sarà Zefiro, il re dell’ovest, cantato nel Rinascimento da Angelo Poliziano e dipinto magistralmente da Sandro Botticelli. Nella Nascita di Venere, Zefiro vola sul mare, trattenuto nel suo impeto dall’abbraccio di Aura. È il soffio del vento a mettere in movimento la scena, trasportando in aria le rose e in acqua la conchiglia, su cui sta la dea. Di aure e venti che la spingono verso terra, parla Giorgio Vasari. I suoi lunghi capelli e quelli della ninfa che l’attende sulla spiaggia, così come il mantello e le vesti, prendono vita sempre grazie al respiro del vento che riporta ogni anno la primavera.
Zefiro salva miracolosamente anche Psiche, una splendida mortale. La sua bellezza aveva allarmato e ingelosito Venere, che ne avrebbe voluto la rovina. È il tiepido vento a sollevare delicatamente Psiche, evitando una fatale caduta da un precipizio. Però, non sarà sufficiente neanche l’aiuto del vento a modificare il tormentato destino della debole Psiche,  seducente come un soffio celestiale.



venerdì 29 maggio 2015

Il nostro mare quotidiano

Domani, sabato 30 maggio 2015 si festeggiano i dieci anni dell'inaugurazione della sezione a terra del Museo della Marineria di Cesenatico.

A partire da questa bella occasione, lunedì scorso 25 maggio 2015 sul Corriere Romagna è uscito un mio articolo dedicato alla relazione tra l'istituzione e la cultura del mare, che trovate di seguito.

I festeggiamenti per i dieci anni della sezione a terra del Museo della Marineria di Cesenatico sono anche l'occasione per fare il punto sulla diffusione della cultura del mare in Italia e più specificatamente lungo le rive adriatiche. Per farlo credo che il modo migliore sia innanzitutto rileggere “La marineria romagnola, l'uomo, l'ambiente”, il volume che raccoglie gli atti del convegno tenuto proprio a Cesenatico nel  1977. In tanti vi parteciparono, quelli che possiamo considerare come i nostri maestri, perché a diverso titolo indagarono, promossero e battagliarono perché non venissero disperse per sempre le nostre origini e si riallacciassero i legami con il nostro passato marinaresco, riprendendo le parole con cui Giorgio Calisesi apriva il volume. Così come attualissimo è l'invito rivolto ai partecipanti da Bruno Ballerin, allora Presidente dell'Azienda di Soggiorno di Cesenatico: “nei momenti di crisi e di recessione economica la cultura non deve essere mai sacrificata alle necessità materiali di aumenti di produzione e consumismo”.

Se passeggiando lungo il porto leonardesco sono sotto gli occhi di tutti gli straordinari risultati di quell'investimento, culturale, politico ed economico, che ha permesso d'avere oggi la più importante collezione di barche storiche presente in Europa, una sezione a terra ricchissima e un'attività espositiva e didattica di prim'ordine, meno ovvi ma altrettanto importanti sono i risultati immateriali. Parlo della ritrovata appartenenza a una multietnica e variegata comunità di marinai romagnoli. Genti ed esperienze molto diverse che hanno però come denominatore comune un orizzonte adriatico di straordinaria bellezza e vitalità, una storia adriatica di  fascino antico e luminoso. Tralasciando per una volta le attività balneari, che comunque sempre di più in futuro dovranno saper mettere in valore anche la cultura del mare, penso ai pescatori che calano le reti per raccogliere il più genuino dei cibi, a chi il pesce lo vende e lo cucina, ai mitilicoltori che allevano quell' “oro nero” che non inquina e va ad arricchire i mercati ittici, ai ricercatori in ambito scientifico e umanistico che lavorano in mare e per il mare, alle maestranze dei cantieri nautici, ai marittimi del traffico mercantile e a quelli del diporto, a cui si aggiungono tutti quelli che fanno esperienza del mare andando a remi o a vela, nuotando  o pescando, semplicemente per piacere. Per tutti, consciamente o inconsciamente, il Museo della Marineria di Cesenatico è insieme motivo d'orgoglio e di stimolo, un porto sicuro da cui mollare gli ormeggi per rotte diverse, per poi fare ritorno certi che fatiche ed esperienze saranno messe in valore. Se la cultura del mare è un patrimonio fondamentale per chi vive lungo le rive, un museo come quello di Cesenatico è  “una scuola, per una diverso modo di fare storia (storia della società, del lavoro) e va usato come vivaio di cultura e di esperimenti”, per concludere con gli auspici di un altro maestro, Lucio Gambi.


PS. L'immagine scelta per questo post è tratta dalla copertina della rivista "Le Vie d'Italia", del TCI, del giugno 1949. La scelta vuole essere un'omaggio al prezioso lavoro svolto dal Touring anche sulla cultura del mare.

giovedì 28 maggio 2015

Notizie

Sabato 30 maggio 2015 - ore 19,00
Teatro Rosaspina - Montescudo (RN)

Prova aperta di: “Le parole del mare”
Il racconto degli effetti devastanti dell’inquinamento da plastica nel mare, ma è anche un grido, una domanda. Il mare ci interroga,e attende una risposta.
"Le parole del mare" - Spettacolo/Performance a cura di Reparto Prototipi.

Tratto da “Come è profondo il mare” di Nicolò Carnimeo. Edizioni Chiarelettere.
Con Aldo Saporetti, Orietta Villa e Simona Matteini. Regia ed ideazione Paola Doghieri.

Di seguito trovate la mia recensione al libro, pubblicata sul Corriere Romagna di lunedì 25 maggio 2015

“Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare”, ammoniva cantando Lucio Dalla nel 1977. Un allarme che ha probabilmente solo una pecca, perché sarebbe più giusto usare la prima persona plurale, cioè stiamo inquinando il mare. E lo facciamo purtroppo in mille modi diversi, come ci ricorda in un documentato reportage Nicolò Carnimeo, prendendo a prestito proprio il titolo della canzone di Dalla “Come è profondo il mare” (2014, Chiarelettere; pp. 172, € 13,60). Se i titoli di copertina appaiono un po' troppo allarmistici, “Dal nostro inviato nella più grande discarica del Pianeta” e “La plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo”, il contenuto è invece documentato e insieme appassionato. Il libro partendo dall'eclatante caso dell'isola di plastica che da anni, aumentando di volume, va alla deriva nell'Oceano Pacifico, ci informa sugli stessi problemi che affliggono il Mediterraneo. Paradossalmente sono proprio le spiagge più selvagge quelle più inquinate dalle plastiche. “Tra le coste del Mediterraneo, il paesaggio dell'Africa del Nord è quello più sfigurato, perché spesso non esiste gestione dei rifiuti e fiumi di plastica finiscono sulle spiagge e lungo il litorale”, scrive Carnimeo che a bordo di Halifax ha seguito un gruppo di oceanografi impegnati in un monitoraggio mirato a stimare l'inquinamento da microplastiche. Queste sono oggi probabilmente le più pericolose anche per la salute dell'uomo e sono al centro di numerose ricerche. Si tratta di frammenti di piccolissima dimensione che possono più facilmente entrare nelle catene alimentari, veicolando anche altri inquinanti. Nella seconda parte del reportage Carnimeo indaga su altri due temibili intrusi: mercurio e tritolo. Il racconto della “febbre da mercurio”  parte dal tragico episodio dello spiaggiamento di sette capodogli avvenuto nel dicembre 2009 sul Gargano, perché una delle concause della morte “è stata l'alta concentrazione di mercurio metilico”. E purtroppo anche quella del tritolo è una storia adriatica, che s'avvia a Bari nel 1943 e prosegue negli anni successivi quando il mare diventa una discarica di ordigni tossici.
Quello di Carnimeo è quindi un libro necessario, per tutti quelli che amano il mare e ogni giorno si battono per difenderlo e per viverlo. Certi che i problemi sono tanti e complessi, ma l'orizzonte è grande e capace di rinnovarsi, con il nostro aiuto quotidiano fatto di consumi moderati e consapevoli, di politiche attente e sostenibili. E' innanzitutto l'Adriatico a chiedercelo!

sabato 23 maggio 2015

Incontri

Giovedì 28 maggio 2015, alle ore 21
presso la Biblioteca Comunale di Santarcangelo di Romagna (RN)
Lidia Ioli presenterà una lettura scenica di "Come è profondo il mare" il libro di Nicolò Carnimeo (Chiarelettere, 2014).

Io introdurrò la serata, con particolare riguardo ai tanti problemi ambientali del mare, ma anche alla sua inesauribile bellezza.



giovedì 21 maggio 2015

Notizie

L'Unione Italiana Vela Solidale organizza a Rimini "Mare Libera", una tre giorni dedicata alla vela e alla solidarietà. Da venerdì 22 maggio a domenica 24 maggio si potrà conoscere il mare attraverso la vela, che è anche una grande opportunità per promuovere l'inclusione. Programma "Mare Libera 2015"

Ai temi della manifestazione si lega la domanda con cui apro il mio Vela libre:

Per andare a vela è necessario essere dei superuomini?
No, assolutamente, tanto che la vela permette il confronto, anche sportivo, tra uomini e donne, vecchi e bambini. In mare l'abilità vale più della prestanza fisica, la conoscenza è più utile della forza. Addirittura c'è chi fa della vela una pratica terapeutica, chi ancora prende il mare per affrontare una malattia o la vecchiaia. Molteplici sono i progetti di recupero da problemi psichici e fisici legati alla vela. Un'attività sportiva e culturale che meglio di altre si presta per stimolare interessi e curiosità, per creare relazioni e superare difficoltà di diverso tipo. In mare i problemi sono affrontabili attraverso una solidale partecipazione dell'equipaggio. Tutti a bordo, dal comandante al mozzo, devono fare la loro parte, perché la buona riuscita della navigazione dipende da chi traccia la rotta, da chi sta al timone, da chi regola le vele, da chi prepara un caffè caldo. Anche su una piccolissima barca, impegnata in una breve veleggiata lungocosta, ognuno deve avere il suo ruolo ed essere consapevole delle sue responsabilità. A bordo non sono necessari superuomini individualisti, anzi sono pericolosi quando le condizioni diventano impegnative; sono invece utili i marinai che hanno ben chiara un'antica regola: “Una mano per sé e una per la barca”. Non a caso la parola equipaggio, che deriva dal francese équiper ossia fornire del necessario, rimanda a equo, equità, equilibrio, cioè all'origine latina, āequus, uguale. Si è parte di un equipaggio quando si riconosce l'uguaglianza di tutti, nella diversità dei ruoli.
Anni fa sull'Isola di Lussino in Croazia ho avuto la fortuna di conoscere un tedesco paraplegico che trascorreva tutte le estati da solo, navigando con la sua barca a vela di otto metri tra le isole istriane, dalmate e greche. Negli anni il marinaio e la barca erano diventati un perfetto e coordinato organismo marino. L'acqua aveva ridato a quell'uomo la leggerezza, il vento gli aveva restituito la forza. Sul mare era riuscito a superare tante difficoltà motorie e a realizzare, in modo ecologico, la sua passione per il viaggio, in completa autonomia e libertà di movimento.
Epica rimane l'esperienza di Francis Chichester che nel 1966, a sessantacinque anni, decise di mettersi in mare con il Gipsy Moth IV, una barca a vela di sedici metri, per circumnavigare il Globo in solitario senza alcun scalo. Raggiungerà i mari australiani in centosette giorni, per ritornare al porto inglese di partenza in altri centodiciannove giorni, ricevendo una meritata, entusiastica accoglienza. Molto clamore fece allora l'età avanzata del protagonista, perché l'avventura venne vista anche come una sfida alla vecchiaia. Ma fu lo stesso Chichester a liquidare questa stortura, scrivendo che era assolutamente consapevole di avere a disposizione un tempo misurato. Non voleva contrastare l'invecchiamento, ma pretendeva da se stesso il miglior rendimento, per poter vivere appieno, con soddisfazione.
Visto che la maggior parte di noi non ha certo questo tipo di velleità oceaniche e che la vela è innanzitutto un esercizio fisico e mentale nei mari di casa, fino a diventare una pratica zen, si può subito concludere dicendo che tutti, dai sei ai cento anni possono veleggiare anche da soli. Bisogna scegliere la barca giusta e la rotta adeguata alle proprie possibilità, mai dimenticando che, per quanto atletici, esperti e preparati, il mare rimane per tutti infinitamente più potente. È Joseph Conrad, grande marinaio prima che altrettanto grande scrittore, a ricordare che il mare non è mai stato amico dell'uomo. Qualche volta è complice delle nostre irrequietezze o ambizioni. Il mare è stato, e sarà sempre, un dio severo, capace di dispensare inusitate gioie e terribili pene. Forse parte della fascinosa attrazione del mare sta proprio in questa ambivalente complicità, perché ci sono giorni in cui navigare è esperienza dolcissima, altri in cui è prova severa. Per noi, che sul mare non lavoriamo, le prime dovrebbero essere le occasioni più frequenti, quelle offerte da un Mediterraneo che è da millenni culla del mestiere del navigare, riprendendo le parole di Conrad.
Quindi, per navigare a vela in sicurezza e con piacere, alla forza è da preferirsi l'abilità, all'audacia la prudenza, all'esuberanza la pazienza. Con gli anni e le miglia a queste tre qualità s'intreccerà l'esperienza, dandoci la più robusta delle cime di sicurezza, preziosa quanto l'indispensabile life-line di bordo. Una vela manovrata con abilità, prudenza e pazienza, porterà lontano, oltre qualsiasi nostro immaginato orizzonte, geografico ed emozionale.

Tratto da "Vela libre. Idee e storie per veleggiare in libertà" Stampa Alternativa, 2012



martedì 19 maggio 2015

Venerdì di magro

Un pesce per l'EXPO: razza

Le razze qualche anno fa erano praticamente scomparse. Poi improvvisamente e inaspettatamente si sono ricominciate a pescare, in grande abbondanza. Incredibilmente sono da qualche mese uno dei pesci più economici; con 7-8 euro al chilo si mangia veramente bene! Semplicemente lessa o in umido con pomodori, olive nere e capperi, o alla romana con pasta e broccoli, la razza è un ottimo piatto.

La sua benedetta ricomparsa è forse il primo segnale positivo della drastica riduzione della pesca a strascico?

... continua sul blog de La Stampa, dove troverete anche tanti altri pesci!

mercoledì 13 maggio 2015

Biblioteca di mare e di costa

E' appena uscito l'ultimo numero della rivista L'INDICE DEI LIBRI DEL MESE (Maggio 2015), in cui troverete quattro schede dedicate ad altrettanti libri di mare da poco pubblicati:

Luchino dal Verme
PARTIAMO. IL GRANDE VIAGGIO DELLA REGIA CORVETTA VETTOR PISANI
pp. 168, €  13
Edizione Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 2014

Leonardo Guzzo
LE RADICI DEL MARE
pp. 204, €  18
Italic Pequod, Ancona 2015

Andrea Iacopini
IL MARE DEGLI UOMINI. STORIE DALLA MINITRANSAT
pp. 172, €  12
Mursia, Milano 2015

Mario Dentone
IL SIGNORE DELLE BURRASCHE
pp. 355, €  17
Mursia, Milano 2014

Buona lettura e buon vento.

venerdì 8 maggio 2015

Storie di mare

Sul mensile Bolina di maggio troverete il racconto della storia della Rimini-Corfù-Rimini, che non è stata solo una manifestazione sportiva, ma una straordinaria occasione per promuovere la cultura del mare a Rimini e più in generale in Italia. Di seguito anticipo la prima parte.
Infine voglio ricordare che quest'anno, grazie all'entusiasmo di tanti soci del Circolo Velico Riminese, la regata ripartirà il 5 luglio 2015 (troverete tutte le informazioni anche sulla pagina Facebook) e quindi si scriverà un nuovo capitolo di questa grande avventura. Buon vento!

Che cosa è una regata? Se ci si limita al vocabolario, è una “gara di velocità tra imbarcazioni”. Ma può essere anche tanto altro e innumerevoli casi lo dimostrano. Fin troppo semplice è citare l'America's Cup e la Volvo Ocean Race che sono diventati eventi commerciali planetari, meno scontato è ricordare che la Giraglia o il Fastnet hanno fatto conoscere al grande pubblico scogli remoti, che la Golden Globe Race divenne una favola che aveva come protagonista Bernard Moitessier o che la Vende Globe e la Mini Transat rimangono innanzitutto avventure marinaresche. Ma una regata può anche diventare l'occasione per promuovere la cultura del mare in città dove non è così diffusa. Rimanendo in Italia, emblematico è il caso della Barcolana e, molto più in piccolo come dimensione e durata nel tempo ma altrettanto importante, è quello della Rimini-Corfù-Rimini.
Va infatti precisato che benché Rimini sia da oltre un secolo una delle capitali balneari europee, storicamente il suo punto di forza è il connubio spiaggia e sole, non certo mare e vento. Anzi del mare molti riminesi quasi si vergognano, perché le acque sono spesso torbide, malgrado questo non sia indice di inquinamento. Una vergogna amplificata dalle vicende dell'eutrofizzazione e delle mucillagini, che raggiunsero l'apice negli anni Ottanta del Novecento, quando si avviò la felice esperienza della regata d'altura. Probabilmente anche da questa necessità di restituire un'altra immagine del mare le amministrazioni, e la città tutta, in quegli anni abbracciarono e sostennero l'ambiziosa idea del Circolo Velico Riminese che organizzò nel 1984 la prima edizione della Rimini-Corfù-Rimini, “la più lunga regata velica d'Italia” riprendendo le parole della promozione di quegli anni. Comunque sia la manifestazione oltre a richiamare barche ed equipaggi da tutto l'Adriatico, e non solo, è stata anche una straordinaria occasione per trovare imbarco per centinaia di ragazzi che poterono saggiare la loro passione, che scoprirono veramente cos'è il mare, nella sua duplice dimensione di enorme fatica e incredibile emozione. A riprova di ciò bastano i nomi di Simone Bianchetti e Max Sirena, all'epoca neanche ventenni, che battendo rotte diverse si imposero poi su campi di regata internazionali, seppur diversissimi. Tanti altri, pur non facendo della vela un mestiere, hanno però fatto tesoro di quell'esperienza, maturando una cultura del mare che ha un indispensabile bisogno della dimensione materiale.

La prima edizione partì il 27 maggio 1984, con 24 barche impegnate in una rotta di mille miglia. Da Rimini bisognava discendere tutto il “bizzarro” Adriatico, attraversare il Canale d'Otranto, doppiare l'isolotto di Peristerai, posto a pochi chilometri dalla costa nordorientale dell'isola di Corfù, per ritornare a Rimini. Va ricordato che allora esisteva ancora la Jugoslavia e l'Albania era sotto la ferrea dittatura di Hoxha. Un contesto quindi non solo tecnologico, ma anche geopolitico completamente diverso da oggi. 
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Continua sulle pagine di carta o elettroniche di Bolina di Maggio 2015.