Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 24 novembre 2016

Velabondismo

Bretagna del sud: Golfe du Morbihan e Golfe du  Quiberon

Randonneer è un verbo francese molto usato, che non ha una precisa traduzione in italiano. Questa osservazione credo sia già un primo indizio per cercare di capire la differente considerazione di cui gode il randonneur Oltralpe, rispetto al Belpaese. Randonneer significa fare randonnée, cioè escursionismo. A piedi, ma anche in tanti altri modi: cycliste, asine, équestre, en kayak, en planche a voile, cioè in windsurf,  o addirittura palmée, cioè con maschera e pinne. Il velabondismo si ascrive quindi al randonnée nautique o, più precisamente, al randonnée en deriveur. Questa cultura del viaggio en plein air può essere quindi un motivo in più per scegliere la Francia come meta di un velabondaggio estivo.
Così è stato per noi. Una volta caricata la deriva sul tetto dell'auto e valicate le Alpi, inevitabilmente abbiamo scelto la Bretagna che nel nostro immaginario è il paradiso della vela in Europa. Bretoni sono alcuni miti, a partire da Le Toumelin e Tabarly; bretoni sono alcune delle più affascinati canzoni e leggende di mare; bretoni sono i porti da cui partono importanti regate oceaniche; bretone è l'ambientazione e l'atmosfera de “La Mer”, libro culto di Jules Michelet. Poi, visto che comunque preferiamo climi temperati, ci siamo diretti verso il Golfe du Morbihan, il più mediterraneo dei luoghi bretoni, e il contiguo Golfe du Quiberon.

Dopo un lungo viaggio, di 1.500 chilometri, arriviamo in un soleggiato giorno d'agosto ad Arzon, sulla penisola di Rhuys che separa a sudovest l'oceano dal golfo di Morbihan, che assomiglia a una grande laguna. Per essere più precisi, le acque di Morbihan sono separate dalle vastità atlantiche da un altro ampio braccio di mare, delimitato da una mezzaluna di terre formata da: presqu'île du Quiberon, Belle-Île-en-Mer e presqu'île du Croisic. Questa grande insenatura atlantica, prende il nome di Golfe du Quiberon, altrettanto attraente. L'orografia, associata agli influssi benefici della Corrente del Golfo, rende il clima di questa zona, malgrado la latitudine settentrionale, abbastanza mite. Antico, ma sempre attuale, è il detto bretone che afferma “qu’il fait toujours beau dans le Golfe”, cioè che è sempre bello nel Golfo.
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Il reportage completo è pubblicato su Bolina di novembre 2016.


lunedì 14 novembre 2016

Joshua Slocum, un racconto radiofonico












Per chi lo voglia ascoltare o riascoltare il racconto radiofonico di Joshua Slocum, andato in onda oggi, è già disponibile online su Wikiradio - Rai Radio Tre. Sempre sul sito della trasmissione è possibile scaricare il podcast e vedere la scaletta dettagliata dei brani musicali e dei materiali audio utilizzati.

Un mio sentito ringraziamento per il lavoro fatto va a Lorenzo Pavolini e a tutta la Redazione.

Buon vento e buon ascolto!


venerdì 11 novembre 2016

Joshua Slocum: le avventure su Wikiradio

















Il primo, il maestro di tutti i vagabondi del mare
Joshua Slocum
Raccontato da Fabio Fiori

WIKIRADIO - Rai Radio 3
Lunedì 14 novembre 2016 
ore 14:00 - 14:30


Radio FM - Online - Digitale Terrestre
Podcast Rai Radio 3 – WIKIRADIO

Ci siamo quasi, registrazione fatta, montaggio in corso! Lunedì in onda!!! E mai termine è più azzeccato, per parlare alla radio del Capitano Joshua Slocum.

A suo ricordo possiamo intonare la canzone che canta, a bordo dello Spray, il fantasma della Pinta:
Alte le onde, feroci, balenanti,
Alto il fragore della tempesta!
Alte le strida dell'uccello marino!
Alte le Azzorre!

Buon vento e buon ascolto.


lunedì 7 novembre 2016

Joshua Slocum, un racconto radiofonico


Il primo, il maestro di tutti i vagabondi del mare
Joshua Slocum
Raccontato da Fabio Fiori

WIKIRADIO - Rai Radio 3
Lunedì 14 novembre 2016 
ore 14:00 - 14:30

Radio FM - Online - Digitale Terrestre
Podcast Rai Radio 3 – WIKIRADIO

Dopo il racconto radiofonico di Bernard Moitessier, tra qualche giorno: Joshua Slocum, il primo, il maestro di tutti i vagabondi del mare.


E' partita ieri la Vendee Globe, la più impegnativa e avventurosa delle regate oceaniche. Da soli, su barche di 60 piedi, senza scalo, i concorrenti dovranno fare un giro del mondo, ripercorrendo la rotta dei mitici velisti che nel lontano 1968 parteciparono alla Golden Globe Race. Se il primo vincitore Robin Knox-Johnston impiegò 312 per completare il giro del mondo, l'ultimo François Gabart nel 2013 ne impiegò 78.

Tutti comunque hanno ripercorso la rotta del pioniere di queste avventure Joshua Slocum, un americano che tra il 1895 e il 1898 fece per primo il giro del mondo a vela in solitario. E tutti avranno letto, in toto o in parte, il suo libro più noto Sailing Alone Around the World, pubblicato nel 1900 e tradotto per la prima volta in italiano da Mursia nel 1969. Un traduzione fatta da un'altra icona della vela oceanica, Alex Carozzo, l'italiano che sempre negli anni Sessanta attraversò da solo a vela l'Oceano Pacifico, dal Giappone alla California. Carozzo fu anche l'unico italiano alla partenza della Golden Globe Race in Inghilterra nel 1968, al fianco di mostri sacri quali il vincitore Robin Knox-Johnston e Bernard Moitessier. Proprio in questa occasione Moitessier divenne anche un mito, perché in testa con ampio vantaggio decise di ritirarsi, mettendo la prua per la seconda volta verso est, raggiungendo Thaiti, dopo 303 giorni di navigazione in solitario senza scalo, in cui percorse 37.000 miglia cioè quasi 70.000 chilometri, doppiando due volte i capi di Buona Speranza e Leeuwin e una volta Capo Horn, il più terribile. Anche di questi straordinari velisti Slocum fu il maestro riconosciuto, a cui lo stesso Moitessier dedicherà la sua barca più nota, chiamandola Joshua.

Joshua Slocum partì per il giro del mondo in solitario il 24 aprile 1895, dalla costa orientale degli Stati Uniti, facendo rotta per le Azzorre e poi per Gibilterra, dove arrivò nell'agosto del 1895. Qui decise di cambiare itinerario, evitando di attraversare il Canale di Suez inaugurato qualche anno prima, per paura dei pirati che infestavano il Mar Rosso. Ma altri predoni lo inseguirono quando discese le coste del Marocco, per fortuna senza raggiungerlo, grazie alla velocità del suo Spray. Con questa straordinario sloop autocostruito attraversò lo Stretto di Magellano in un vero e proprio corpo a corpo con le tempeste australi. Di lì ritornò ai tropici, arrivando nell'Isola di Samoa nel luglio del 1896, dove conobbe la moglie e i figli dello scrittore Robert Louis Stevenson. Dall'Oceania andò in Australia, Tasmania, per poi proseguire nell'Oceano Indiano e arrivare a Durban, in  Sud Africa, nel novembre del 1897. Gli restava da doppiare Capo di Buona Speranza, che superò il mese successivo, per poi risalire l'Oceano Atlantico e ritornare a Newport. “Alle una del mattino del 27 giugno 1898, diedi fondo, dopo una crociera di più di quarantaseimila miglia intorno al mondo, della durata di tre anni, due mesi e due giorni”, scriverà nel suo libro più noto.
Ancora oggi, a oltre un secolo da questa epica impresa, rimane attualissima la lezione di Slocum e  il suo invito: “Ai giovani che pensano a un tale viaggio direi “andate””.
“Il racconto di Slocum dà al lettore una sensazione di libertà cui è difficile resistere”, ha scritto lo scrittore svedese Bjorn Larsson e io mi limito ad aggiungere solo che la libertà la si può trovare anche nel nostro mare quotidiano, quello che bagna le rive urbane del Mediterraneo.

Di questo e di tanto altro parlerò nel racconto radiofonico che verrà trasmesso lunedì 14 novembre 2016, alle ore 14, su Wikiradio - RAI Radio 3.

Il post è parte della pagina pubblicata oggi dal Corriere Romagna.




mercoledì 2 novembre 2016

Incontri

Respiro Mediterraneo 
Storie di venti e di acque, di vele e di genti

Un reading di Fabio Fiori, accompagnato dalla musica di Angelo Leonardo Pastorini


Sabato 5 novembre 2016, ore 17:30
Ferrara - Sala della Musica Chiostro San Paolo
via Boccaleone 19

PARLIAMO DI MARE
Un ciclo di incontri organizzati da Enrico Delpasso e Francesca Alvisi

Respiro Mediterraneo è il racconto di un lungo viaggio fatto nel più antico dei mari. Quel Mediterraneo che da millenni è spazio condiviso, di scambi e di scontri, tra le genti che popolano le sue rive. Fabio Fiori legge alcune pagine dei suoi due libri dedicati al Mediterraneo, in cui le storie dei venti e delle acque, delle vele e delle genti sono antichissime e sempre rinnovate, nel ciclico incedere delle stagioni.
Un racconto che ha i colori dei crepuscoli, che ha il profumo della salsedine, che ha il rumore delle onde, che ha il sapore dei pesci e che dà il piacere dell’immersione nel nostro mare quotidiano.

Ogni volta che issiamo una vela, entriamo a far parte, consapevolmente o inconsapevolmente, di un mondo antico. Rinnovando un rituale di comunione con il vento, entriamo nell’ánemos del Mediterraneo. (Fabio Fiori, 2012. Anemos. I venti del Mediterraneo. Mursia)

Thalassa è la parola che preferisco tra le tante che i greci avevano per indicare il mare. Perché thalassa è semplicemente acqua salata. Quella che bagna spiagge, scogliere e banchine delle nostre città, in cui amiamo immergerci, in cui vogliamo rifletterci. (Fabio Fiori, 2014. Thalassa. Le acque del Mediterraneo. Mursia)