Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 18 gennaio 2014

Insulomania

Ecco una nuova pagina del mio isolario, in cui racconto storie di isole reali, visitate o sognate, e di isole fantastiche, mie o altrui. Il portolano di un inguaribile insulomane.
Buon vento!

PROCIDA

Se esiste una relazione tra barca e isola, come tra marinaio e isolano, possiamo ipotizzare che l’insulomania sia inversamente proporzionale alle dimensioni dello scafo. In una battuta quindi, più piccola è la vela, più grande è l'amore per l'isola.
Approdando a Procida dobbiamo constatare che la sua storia dimostra che valgono anche le opposte relazioni, perché da una piccola isola, per altro vicinissima alla terraferma, nell'Ottocento si è sviluppata una delle più importanti marinerie del Mediterraneo. Lapidaria e documentata l'affermazione di Tomaso Gropallo, autore de “Il romanzo della vela. Storia della Marineria Mercantile a vela del secolo XIX”: “Quest'isola così modesta per dimensioni fu tuttavia, al tempo velico, veramente grande e non seconda a nessuno per ardimento e coraggio sugli Oceani. I procidani furono e sono tuttora [1973, nda], una razza di marinai al lungo corso” . Una storia antica  strutturatasi economicamente e culturalmente nell'arco di alcuni secoli. Già nella seconda metà del Seicento infatti venne ufficialmente istituito il Pio Monte dei Marinai, con scopi mutualistici che riuniva capitani, marinai e armatori, finalizzato anche al riscatto di coloro che cadevano nelle mani dei corsari. Una seconda fondamentale istituzione fu quella scolastica, sorta nel 1833, che formò centinaia di comandanti capaci di portare i bastimenti procidani in tutti i mari del mondo. Alla metà dell'Ottocento si contavano 82 brigantini e brick, tra cui il più grande Leonida di 285 tonnellate che disgraziatamente si perse sulle coste del Brasile.
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Con Elsa Morante conoscendo, leggendo e sognando Procida, tutti noi non chiederemmo di essere gabbiano o delfino, ma ci accontenteremmo di essere scorfano, “ch'è il pesce più brutto del mare”, pur di ritrovarci laggiù, “a scherzare in quell'acqua”. Per lenire la nostra insulomania possiamo riprendere in mano “L'isola di Arturo”, fantasticando Procida la cui figura nei luminosi giorni d'estate “somiglia a un delfino” o in quelle rare annebbiate d'inverno “pare una flotta che ha ripiegato le sue mille vele dipinte e viaggia su correnti senza rumore, verso gli Iperborei”.
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L'articolo completo è pubblicato sul numero di gennaio 2014 di BOLINA