Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

venerdì 30 settembre 2016

Anemofilia


Nika Furlani - Burja 4


Il vento si può fotografare? Credo di sì, così come io provo a raccontarlo, penso che lo si possa fotografare, filmare e dipingere, ma aggiungerei anche scolpire, suonare e cantare. Perché se, come ci hanno insegnato i greci, il vento è anemos, allora anche la sua rappresentazione è dentro ognuno di noi.

A proposito di fotografia, a Trieste in questi giorni, dal 30 settembre  al 9 ottobre, è possibile vedere i lavori dedicati al vento di 40 fotografi italiani, invitati dagli organizzatori della Barcolana a raccontare il vento con alcuni dei loro scatti. Il catalogo è scaricabile online e le foto saranno battute all’asta alla fine della mostra. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, un dono in occasione dei 160 anni dell’ospedale materno-infantile del Friuli Venezia Giulia.

Per questo post, dal catalogo ho scelto due foto molto diverse, ma entrambe capaci di restituire l'incanto del quotidiano, sempre che si sia disposti a farsi distrarre dal vento, come da tutti gli altri accidenti atmosferici.

Buon vento e buona visione!


Isabella Balena - L'Aria, Milano. 2004

domenica 18 settembre 2016

Alieutica

Hanno un fascino antico i volti dei pescatori, anche quelli di oggi.
Italiani, albanesi o magrebini che siano, sono tutti accomunati da un mestiere duro che, in un tempo come il nostro in cui tutto sembra smaterializzarsi, è ancora in strettissimo rapporto con gli elementi naturali, con le onde e le correnti, con il sole e con la pioggia.
Venerdì scorso ne ha scritto Nicola Lagioia su Repubblica, prendendo spunto da un lavoro fotografico di Pietro Martinello che è in mostra in questi giorni al PhEST di Monopoli. Il reportage s’intitola “I Gladiatori di Nettuno”  ed è il risultato della sua residenza artistica nella città pugliese, dove  ha lavorato con la comunità dei pescatori che conserva alcuni elementi identitari più forti.

martedì 6 settembre 2016

Storie di mosconi e pattini

Di seguito trovate la mia lettera, pubblicata oggi sul Corriere Romagna, con una riflessione sul significato dell'appello "In difesa del moscone" e con una proposta concreta.

Con grande piacere e fiducia nei giorni scorsi ho letto le dichiarazioni del Comune di Rimini in risposta alla nostra lettera aperta “In difesa del moscone”. Ho colto con soddisfazione la consapevolezza che il moscone è un simbolo, permettendomi di precisare solo che lo è innanzitutto della cultura del mare e poi dell'offerta balneare. Una puntualizzazione necessaria, anzi il punto di partenza direi per avviare una discussione volta a trovare una soluzione al problema che veda in campo i rappresentanti economici, le istituzioni ma anche la società civile, che difende la libertà del mare e delle spiagge, beni comuni inalienabili. Perché la battaglia in difesa del moscone è parte di una più grande visione sull'uso non esclusivamente balneare delle coste. Convinti per altro che il futuro economico del turismo non potrebbe che beneficiare della valorizzazione di tutte le attività marinaresche: il nuoto, il surf, il remo (dall'antico moscone al moderno sup) e la vela (dalla battana alla deriva, dal windsurf al kite), senza dimenticare la pesca, professionale e ricreativa.
Ma per tornare alla concretezza, che è dei marinai, circa le soluzioni alla querelle mosconi, provo a sintetizzare alcune proposte. In primis credo si debba pensare non a una, due o tre aree dedicate, ma a una più diffusa presenza, se si concorda sul fatto che il moscone caratterizza la nostra spiaggia, al pari di tende, ombrelloni e lettini. La situazione sarebbe più ordinata e facilmente controllabile dalle autorità se fissassero in maniera chiara il numero dei posti e le zone dedicate, assegnando ai proprietari dei mosconi (e solo dei mosconi esclusivamente a remi) un numero di matricola, previa domanda scritta da farsi in Capitaneria, sulla falsa riga di quello che avviene già per la pesca ricreativa con le nasse o nella Laguna di Venezia con le “targhe” LV.
Questi sono ovviamente solo degli spunti per una più ampia riflessione, foriera di soluzioni già a partire dal prossimo anno, certi che come andiamo tranquillamente in piazza con la bici vogliamo andare altrettanto tranquillamente in spiaggia con il moscone, con sul cannone o sul prendisole una morosa, una moglie o una figlia.

sabato 3 settembre 2016

Storie di mosconi e pattini

Questa è una storia contemporanea, perché nei giorni scorsi a Rimini è partita una battaglia culturale "In difesa del moscone", una barchetta ecologica ed economica che ha fatto la storia della città e di tutte le spiagge italiane.

Proprietari e appassionati chiedono alle Autorità competenti di rivedere le Ordinanze Balneari, al fine di consentire l’uso, l’ormeggio e il rimessaggio dei mosconi e di tutti i piccoli natanti a remi.

Per chi volesse saperne di più e partecipare al dibattito c'è una pagina Facebook "In difesa del moscone".

Tra il serio e il faceto pubblico questo "Manifesto del mosconiere", che al pari del gondoliere a Venezia, è stato e vorrebbe continuare ad essere uno dei protagonisti della vita balneare italiana.

Manifesto del mosconiere

Premesso che il moscone è la barca più popolare della tradizione balneare:
1. Noi vogliamo remare liberamente in mare.
2. La voga è il nostro esercizio quotidiano.
3. Remando esaltiamo la relazione dell’uomo con il mare e il cielo, con le onde e i venti.
4. Andando al largo ritroviamo il piacere della solitudine e del silenzio, del tuffo e del nuoto.
5. Noi siamo insieme il passato, il presente e il futuro di un modo divertente ed ecologico di andar per mare.