Dal 2010, racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano. Depuis 2010, des recits d'îles, de vents, de voiles, de natation et d'aviron, ainsi que quelques idées de notre mer quotidienne. Fabio Fiori

mercoledì 23 maggio 2012

Il nostro mare quotidiano

“IO E IL MARE”
Il Mediterraneo, come luogo di vita e di confronto, via primaria di comunicazione e di scambio di culture e civiltà tra i popoli, . Il mare con le sue regole determina comportamenti condivisi e di per sé diventa un ambito di condivisione e contaminazione di storie diverse.

GIOVEDI' 24 MAGGIO ore 20,30
Piazza Marsala Ravenna
Interverranno Pietro Caricato, Pasquale De Gregorio, Stefano Raspadori, Fabio Fiori; condurrà Danilo Morini.

L'iniziativa è promossa da OPERA “Le vie dell'acqua”, un appuntamento annuale dedicato al lavoro e alla cultura del lavoro organizzato dalla Cgil di Ravenna con il sostegno della Cgil Emilia Romagna e la Cgil nazionale e con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune e della Provincia di Ravenna.


Io è un pronome inutile in mare, qualche volta pericoloso. Allora, fin dal primo imbarco su scafi piccoli o grandi, su mosconi romagnoli, piccole vele o navi oceaniche, si copre che il rapporto con il mare non è, e non sarà mai, individuale. Quindi anche il più personale dei racconti sul mare si intitolerà sempre “Noi e il mare”. Noi perché il mare non lo scopriamo mai da soli, non lo vediamo, ascoltiamo, annusiamo, gustiamo, tocchiamo solo con i nostri sensi. Lo sentiamo anche con occhi, orecchie, naso, bocca e mani degli altri, di chi ci ha preceduto. L'eperienza del mare è insieme scoperta e riscoperta, come ci ha insegnato Predrag Matvejević, l'Omero balcanico che come noi ha visto l'Adriatico prima di ogni altro mare. Mare dell'intimità lo ha definito, un'insenatura di quel Mediterraneo che è da sempre mare della vicinanza. Adriatico selvaggio era per Gabriele D'Annunzio e Umberto Saba. L'Adriatico è di certo un mare difficile, da navigare come ben sanno i marinai dalla notte dei tempi, da apprezzare, almeno lungo la costa occidentale. Questa era un tempo una riva importuosa, pericolosissima con i venti da Greco, o Furién come si diceva con parola chiarissima. Questa è oggi una lunga riva urbana, che sconta le difficoltà di uno sviluppo tumultuoso, di una novecentesca frana di uomini, speranze e sacrifci, ma anche di speculatori, egoismi e sacrifici, altrui. Questo Adriatico è comunque il nostro mare quotidiano e forse proprio perché difficile, ancora più affascinate.
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L'Adriatico è un bene comune e solo se pensato, gestito e vissuto come tale può continuare ad arricchire, nell'accezione più ampia, le genti che popolano le rive. Un mare che riassume in sè tutti i problemi del Mediterraneo diceva Fernand Braudel, e tutte le opportunità possiamo tranquillamente aggiungere noi. Occasione di incontro occasionale, nei giorni di una vacanza, o di convivenza duratura, negli anni di una vita. L'adriaticità, l'appartenenza adriatica, oggi più che mai, non è un dato anagrafico, non serve la carta d'identità per certificarla, ma il quotidiano lavoro, la fatica e le gioie che insieme trasformano uno spazio in un luogo. Solo condividendo un piatto di pesce con i pescatori magrebini a bordo si capisce concretamente cos'è la koiné mediterranea, l'inestricabile, qualche volta difficile, sempre interessantissimo, intreccio di culture che caratterizza da secoli questo mare. E' molto più gustoso un cou-cous fatto con canocchie, mazole e poveracce freschissime, che uno spiedino romagnolo con gamberetti dell'Indiano e calamari del Pacifico. Così come è molto più emozionante il racconto di una notte di pesca in Adriatico, di un ragazzo di Madia, che la cronaca di una motoscafata a Vallugola, di un ragazzo di Rimini. Per apprezzare l'Adriatico è necessario saper cogliere il fascino delle sfumature del grigio e del verde, quelle degli ossidi del rame, dell'alluminio, del ferro e del bronzo. Bisogna saper cogliere l'incanto delle atmosfere sospese della bonaccia o quelle violente della burrasca.
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Solo nella piena consapevolezza di questa molteplicità sarà più facile, e forse anche piacevole, vivere e lavorare lungo le rive adriatiche, insieme urbane, come hanno scelto i padri, e selvagge, come sempre riesce ad esserlo il mare.


L'articolo completo è oggi, 23 maggio 2012, in edicola sul Corriere Romagna

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