Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

mercoledì 23 maggio 2012

Il nostro mare quotidiano

“IO E IL MARE”
Il Mediterraneo, come luogo di vita e di confronto, via primaria di comunicazione e di scambio di culture e civiltà tra i popoli, . Il mare con le sue regole determina comportamenti condivisi e di per sé diventa un ambito di condivisione e contaminazione di storie diverse.

GIOVEDI' 24 MAGGIO ore 20,30
Piazza Marsala Ravenna
Interverranno Pietro Caricato, Pasquale De Gregorio, Stefano Raspadori, Fabio Fiori; condurrà Danilo Morini.

L'iniziativa è promossa da OPERA “Le vie dell'acqua”, un appuntamento annuale dedicato al lavoro e alla cultura del lavoro organizzato dalla Cgil di Ravenna con il sostegno della Cgil Emilia Romagna e la Cgil nazionale e con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune e della Provincia di Ravenna.


Io è un pronome inutile in mare, qualche volta pericoloso. Allora, fin dal primo imbarco su scafi piccoli o grandi, su mosconi romagnoli, piccole vele o navi oceaniche, si copre che il rapporto con il mare non è, e non sarà mai, individuale. Quindi anche il più personale dei racconti sul mare si intitolerà sempre “Noi e il mare”. Noi perché il mare non lo scopriamo mai da soli, non lo vediamo, ascoltiamo, annusiamo, gustiamo, tocchiamo solo con i nostri sensi. Lo sentiamo anche con occhi, orecchie, naso, bocca e mani degli altri, di chi ci ha preceduto. L'eperienza del mare è insieme scoperta e riscoperta, come ci ha insegnato Predrag Matvejević, l'Omero balcanico che come noi ha visto l'Adriatico prima di ogni altro mare. Mare dell'intimità lo ha definito, un'insenatura di quel Mediterraneo che è da sempre mare della vicinanza. Adriatico selvaggio era per Gabriele D'Annunzio e Umberto Saba. L'Adriatico è di certo un mare difficile, da navigare come ben sanno i marinai dalla notte dei tempi, da apprezzare, almeno lungo la costa occidentale. Questa era un tempo una riva importuosa, pericolosissima con i venti da Greco, o Furién come si diceva con parola chiarissima. Questa è oggi una lunga riva urbana, che sconta le difficoltà di uno sviluppo tumultuoso, di una novecentesca frana di uomini, speranze e sacrifci, ma anche di speculatori, egoismi e sacrifici, altrui. Questo Adriatico è comunque il nostro mare quotidiano e forse proprio perché difficile, ancora più affascinate.
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L'Adriatico è un bene comune e solo se pensato, gestito e vissuto come tale può continuare ad arricchire, nell'accezione più ampia, le genti che popolano le rive. Un mare che riassume in sè tutti i problemi del Mediterraneo diceva Fernand Braudel, e tutte le opportunità possiamo tranquillamente aggiungere noi. Occasione di incontro occasionale, nei giorni di una vacanza, o di convivenza duratura, negli anni di una vita. L'adriaticità, l'appartenenza adriatica, oggi più che mai, non è un dato anagrafico, non serve la carta d'identità per certificarla, ma il quotidiano lavoro, la fatica e le gioie che insieme trasformano uno spazio in un luogo. Solo condividendo un piatto di pesce con i pescatori magrebini a bordo si capisce concretamente cos'è la koiné mediterranea, l'inestricabile, qualche volta difficile, sempre interessantissimo, intreccio di culture che caratterizza da secoli questo mare. E' molto più gustoso un cou-cous fatto con canocchie, mazole e poveracce freschissime, che uno spiedino romagnolo con gamberetti dell'Indiano e calamari del Pacifico. Così come è molto più emozionante il racconto di una notte di pesca in Adriatico, di un ragazzo di Madia, che la cronaca di una motoscafata a Vallugola, di un ragazzo di Rimini. Per apprezzare l'Adriatico è necessario saper cogliere il fascino delle sfumature del grigio e del verde, quelle degli ossidi del rame, dell'alluminio, del ferro e del bronzo. Bisogna saper cogliere l'incanto delle atmosfere sospese della bonaccia o quelle violente della burrasca.
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Solo nella piena consapevolezza di questa molteplicità sarà più facile, e forse anche piacevole, vivere e lavorare lungo le rive adriatiche, insieme urbane, come hanno scelto i padri, e selvagge, come sempre riesce ad esserlo il mare.


L'articolo completo è oggi, 23 maggio 2012, in edicola sul Corriere Romagna

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