Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

mercoledì 13 aprile 2011

Il nostro mare quotidiano


Questa mattina un Adriatico insieme luminoso e burrascoso mi ha ricordato con grande gioia ed affetto due dei caratteri di Alessandro Scansani, direttore della casa editrice Diabasis, morto nei giorni scorsi.
La nostra amicizia, non scevra di aspre discussioni culturali e politiche, era nata proprio in riva al mare, o per meglio dire attorno a “Lo Spazio Adriatico”, la collana che ospita i miei due libri. Alessandro aveva letto le bozze del mio primo racconto adriatico, su suggerimento di Eugenio Turri, un pioniere della geografia antropologica italiana, anch'egli innamorato di questo nostro “mare d'Europa”, per utilizzare il titolo della monumentale opera in tre volumi pubblicata dieci anni fa, di cui è stato promotore, curatore e coautore. Su quel piccolo vascello di carta eravamo riusciti con gioia ad imbarcare anche due grandi autori, Predrag Matvejevic, che con il suo Breviario ha aggiornato la narrazione mediterranea, e Piero Guccione, la cui luce è la migliore rappresentazione della mediterraneità del Golfo di Venezia.
La collana “Lo Spazio Adriatico”, avviata con tempismo e coraggio nei primi anni Novanta nel pieno dei tragici avvenimenti balcanici, è dedicata alle “culture di incontro e di scontro delle due sponde”, declinando nello specifico adriatico quella tensione culturale che fa di Diabasis una casa editrice culturalmente indisciplinata, come amava definirla Alessandro. Per comprendere l'uomo e più in generale il progetto realizzato con la cofondatrice Giuliana Manfredi e i tanti che ne hanno condiviso gli orizzonti, basta rileggere le note editoriali di chiusura dei dieci titoli pubblicati. Ognuna è un piccolo, accuratissimo, distillato di saperi adriatici, un haiku in prosa, per il più orientale dei mari italiani. Rileggendoli ho pensato alle luci delle lampare che punteggiano il buio, immenso, Adriatico nelle notti senza luna. Per andare oltre le stereotipate visioni di questo piccolo mare, ci sono utili le pagine di Giacomo Scotti, guide “alla conoscenza di un Adriatico fascinoso arcipelago dei mari del sud della Dalmazia tra due sponde e molti mondi tra culture, storie e lingue dove la creazione di natura si intreccia e salda con la creazione degli uomini”, di Elvio Guagnini che ci descrive Trieste, “Identità di una città plurale la letteratura triestina dell'Otto-Novecento viene narrata in brevi saggi «quotidiani»”, di Rosario Pavia che ha curato una “Indagine sul complesso mondo Adriatico e sulle prospettive che la nuova Europa e i tempi nuovi aprono nel crocevia-koiné di popoli culture lingue religioni economie e mercati”. Un lavoro editoriale fatto con estrema cura e passione, sia nel confronto serrato con autori contemporanei, che riportando a galla le migliori pagine adriatiche del passato, quelle firmate da Biagio Marin che “canta altre rive”o di Fulvio Tomizza, “viaggiatore dall'Adriatico ad altre terre e mari, garzaia di altre storie”.
Questa mattina, nel fragore nelle onde, ho riascoltato il racconto delle prime visioni dell'Adriatico di Alessandro Scansani, quando nell'immediato dopoguerra trascorreva lunghe settimane d'estate sulle colline tra la Romagna e le Marche. Il suo sguardo di bambino emiliano si perdeva estasiato in quella infinita “pianura liquida”. Ricordando i suoi occhi azzurri e inquieti come il mare, rileggendo i suoi libri, amati, corretti, allevati e alimentati come solo un Padre sa fare, ripensando alla sua avventura editoriale avviata “per impulso morale, per amore della conoscenza e della libertà, per omerica apertura verso gli uomini, le loro storie, le loro città”, sapremo affrontare nel modo migliore le tante, durissime, sfide culturali che ci attendono, “andando attraverso” proprio come ci dice il nome della sua, nostra, nave: Diabasis.

1 commento:

  1. Leggo solo adesso di questa scomparsa. Non lo sapevo. Come sai ci eravamo incontrati per il mio libro del 2007. Non ci eravamo "trovati", ma la sua puntigliosità su alcune questioni riguardo al mio manoscritto e la sua "visione" mi avevano colpito. Era decisamente innamorato del suo lavoro.

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