Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 4 dicembre 2010

Il nostro mare quotidiano

“Salvare il nostro paesaggio è un dovere civile”, ha detto Salvatore Settis in una lunga intervista pubblicata ieri da La Repubblica, in occasione dell'uscita del suo nuovo libro: ”Paesaggio, Costituzione, Cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile” (Einaudi; pp. 326, € 19). Per tutelare il paesaggio dai continui, feroci, assalti edilizi a margine dell'articolo viene fornito un decalogo, utile a tutti coloro, singoli o associazioni, che continuano a battersi contro gli scempi, spesso con incredibili sforzi a fronte di un'enorme disparità di mezzi tecno-economici. Un decalogo che mi permetto di scrivere manca di un punto 0, imprescindibile: “Abitare il paesaggio è un diritto-dovere”, a partire da quei paesaggi che circondano le nostre case e le nostre strade, ma anche i nostri centri commerciali e i nostri capannoni, quella diffusa periferia che è oggi l'Italia. Abitare nel più profondo e quotidiano dei significati, abitare con piacere. Quello che dovrebbe regalare il camminare e il pedalare, il nuotare e il remare, le pratiche del gioco e del lavoro di ogni giorno. Solo una ostinata frequentazione ci permetterà di rompere l'unico deleterio, addirittura criminale, imperativo consumistico, capace di trasformare il territorio in una merce che “vale non perché possiamo viverlo, ma solo in quanto può essere occupato, prezzato, cannibalizzato”. Senza esperienza materiale e frequentazione abituale, credo che qualsiasi appello alla salvaguardia, per quanto condivisibile e allarmante, rischia di rimanere inascoltato. Senza una diffusa riappropriazione fisica del paesaggio, inteso come bene comune da condividere nei piaceri del vissuto quotidiano, non ci sarà alcun riscatto da questo degrado ambientale che è diventato “parte di un degrado che investe le regole del vivere comune”. Perciò, anche da insegnante , prendendo spunto dal terzo paradosso evidenziato da Salvatore Settis, mi sento di puntualizzare che prima ancora di portare la parola paesaggio dentro le scuole, dobbiamo portare la scuola, gli alunni, nel paesaggio. Non in quelli esotici che le agenzie vendono alle famiglie e forse neanche in quelli incontaminati protetti dai parchi e meta privilegiata delle gite scolastiche. Dobbiamo innanzitutto portarli a piedi e in bici o, perché no, a remi e a vela, nei paesaggi del quotidiano. I nostri figli, e più in generale gli italiani, per prendere coscienza dell'inestimabile valore del paesaggio più che di immagini hanno bisogno di chilometri, più che di leggere e ascoltare hanno necessità di camminare e pedalare.
Declinando le considerazioni di Salvatore Settis allo specifico di questo progetto, bisogna senza alcuna nostalgia prendere atto che è saltato l'equilibrio città-costa. Se la battaglia per la difesa di quei minuscoli frammenti di coste naturali va sostenuta con determinazione, non meno impegno dobbiamo dedicare al restauro, un restauro non conservativo di tutto ciò che per altro è irrimediabilmente perduto, ma un restauro ambientale che restituisca l'inalterata immensità del mare alla nostra riva-urbana, vissuta spesso come inospitale residenza.

2 commenti:

  1. D'accordo caro Fabio. Rivolto all'infanzia aggiungerei un verbo a quel camminare e pedalare che suggerisci, ed è giocare, giocare insieme.

    Certo i paesaggi d'oggi, le nostre periferie non hanno nulla più di ciò che è stato per la nostra generazione. Scene stile Guerra dei bottoni sono un ricordo lontano e difficile da comprendere per un bambino d'oggi.

    Oggi il paesaggio, per l'infanzia soprattutto, è intrappolato nei mondi virtuali, veicolati dai media attraverso computer televisoni wii xbox etc. etc.

    Il reale, quando non sgradevole, non rifiuto o semplice nulla, è trasformato mercificato... Sempre pensando ai bambini, il parco avventura mi sembra l'esempio perfetto, l'ennesima colonna di uno stile di vita alieno.

    Sulla luna nel buio del mare ci si va con scafandri e bomboloni all'ossigeno, per la natura dietro casa al momento un Ipod e una Cross bike paiono bastare, ma già per boschi sempre più urgono luccicanti air soft guns e immancabili occhiali Night Vision...

    Non scorderò mai quando, mesi fa con i miei figli, abbiamo incontato un branco di giovani in tenuta softair: ricordo gli occhi luccicanti e ammaliati de miei di fronte all'orrore splendido di tutta quella tecnologia.

    Che dire Fabio? Per essere civili molto c'è da pedalare camminare... inventare :)

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  2. Assolutamente d'accordo sulla valenza del gioco anche, e soprattutto oggi, sul versante educativo del paesaggio. A questo mi riferivo nel post parlando dell'importanza delle “pratiche del gioco”. Quale miglior esperienza per un bambino, o per un adulto, dell'arrampicarsi su un albero per vedere, sentire e di conseguenza capire concretamente il senso del luogo?
    A proposito di “baroni rampanti”, quelli che tu fotografi nei meravigliosi boschi dei nostri Appennini http://attraversogiardini.it/ , e delle cose che scrivi, mi sono venute in mente le scene del bellissimo film “Urga”, di Nikita Mikhalkov. Splendidi quadri, di grande sensibilità poetica, in cui vengono rappresentate le conflittuali fascinazioni di questi anni, quelle di una attraente modernità e di una sempre suggestiva natura.

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