Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 23 maggio 2017

Libri di mare e di costa

Sono pochi gli scrittori italiani che hanno raccontato il mare e ancora meno quelli che hanno dedicato un’attenzione particolare alla cucina del pesce. Perciò è doppiamente interessante “Sapore marino” (2016, Minerva) una antologia di Manuela Ricci dedicata alle pagine gastronomiche di Marino Moretti, che non era “affatto un gourmet”, riprendendo le sue parole, ma che ha comunque prestato un’attenzione discreta ai “mangiari” romagnoli, compresi quelli ittici. Innanzitutto perché Marino Moretti è nato, cresciuto e ha trascorso parte della sua lunga vita su quel canale che è ancora oggi l’aorta di Cesenatico, la sua fondamentale arteria economica e culturale. Lì da secoli i pescatori ormeggiano, lavorano, discutono, chiacchierano e mangiano anche, come ci ha raccontato Marino Moretti.  Lì, seduti in coperta sulle loro barche, i marinai mangiavano “Ognuno aveva una forchetta di stagno; ogni forchetta entrava nel catino a intermittenza, e ne traeva un pescetto gocciolante”. In quest’occasione lo scrittore non ci dice di cosa si tratta, ma in altre pagine parla di pesci da frittura, da brodetto e da gratella, precisando che “Del resto, siam tutti d’avviso che il pesce vuol la gratella”. E sulla graticola il pesce, nell’accezione più ampia, si può cuocere anche senza alcun condimento, purché sia freschissimo e di stagione, cioè con le carni particolarmente ricche di grassi. Così è per le seppie in questi giorni di primavera, come ben sanno i pescatori chioggiotti che per secoli hanno fatto scuola in Adriatico e non solo. Provare per credere, con seppie medio piccole di 200-300 grammi, da cuocersi arrosto senza alcun condimento, così come sono. Il nero e l’epatopancreas, rimarchiamo se freschissimi, danno alle carni la giusta sapidità, per un piatto che regala un vero “sapore marino”, riprendendo il titolo dell’antologia gastronomica di Marino Moretti che, con ironia, scrive “Noi siamo orgogliosi del nostro pesce e ci rifiutiamo di credere che ci sia altrove uno sgombro, una seppia, una triglia col nostro sapore”.

Pubblicato sul blog Venerdì di magro - La Stampa Mare