Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

lunedì 20 febbraio 2012

Biblioteca di mare e di costa


“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare” Joseph Conrad

Difficilissimo è preservare memoria dei mestieri e, a maggior ragione, di quelli del mare. Ambiente inospitale, pericoloso, immutabile, visto e vissuto da un novero ristretto di uomini particolari e per di più tradizionalmente taciturni, un tempo spesso illetterati. La scia della nave, grande o piccola, è l'insuperabile metafora di questa impossibile aspirazione umana di segnare le acque, d'incidere il tempo. Scie di eroici velieri eroici o di umili barchette, tutte belle per quanto effimere, poetiche per quanto evanescenti.
Perciò acquista ancora più valore il paziente e curatissimo lavoro che Luigi Divari porta avanti da anni, in punta di penna e di pennello. Un opera che si è arricchita di Mestieri e barche di mare e di laguna, una cartella contenente sedici stampe da altrettanti acquarelli di medio formato, 47x30 cm, pubblicati in 200 copie da “Il Leggio” di Sottomarina di Chioggia (acquistabile online http://www.maredicarta.com/). Tavole da ammirare e leggere con attenzione, perché ricchissime di particolari pittorici e annotazioni che sono il frutto di svariate passioni dell'autore, associate alle sue indubbie capacità di colore e parola. Luigi Divari riunisce culture materiali e intelletuali, essendo abile di mano e d'ingegno, sapendo ben maneggiare un remo, una vela o una lenza, come un manoscritto, una stampa o una testimonianza orale.
Se inevitabilmente le acque di partenza e il grosso del lavoro riguarda la famigliare laguna di Venezia e le sue genti, non mancano barche, reti e pesci di altre rive alto adriatiche.
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Ci sono tavole dedicate a gaeta istriana, zopolo triestino, tonera di Santa Croce, al barchetto romagnolo, utilizzate rispettivamente per la pesca delle spugne, dell'alletterato, del tonno, di pesci da fondo. Con grande attenzione sono descritte le reti e le tecniche, le caratteristiche e le stagioni della pesca.
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Informazioni puntuali e disegni precisi ed evocativi, capaci di ravvivare curiosità e fantasie, di mantenere viva la memoria. Ritualità e strumenti antichissimi, che hanno forgiato una cultura peschereccia adriatica di grande valore. Ptrendendo il largo a bordo dei bragozzi di Luigi Divari, andiamo a pescare a spontiero o a cocia lungo le coste venete nel periodo primaverile, quando la seppia è la prima specie bersaglio. Un tempo quelle molto grosse erano abbondanti ed era comune lavorarle a bordo. Innazitutto si toglievano gli ossi, i batei, poi l'inchiostro, i neri, le uova, i risi e i lati, ognuno dei quali aveva un suo mercato. Ciò che rimaneva veniva steccato, ossia tenuto aperto con tre bacchette di legno, per essere poi appeso a seccare. In quattro o cinque giorni, le seppie diventavano scure e “simili a pezzi di cuoio”. Queste venivano poi commercializzate in Grecia, dove le rigide prescrizioni alimentari ortodosse prevedevano nei giorni di magro di “consumare solo pesci senza sangue, come appunto la seppie o i calamari”. Ma a Chioggia non si pescava solo pesce, infatti c'erano anche i sabionanti, cavatori di sabbie per l'edilizia, che avevano barche e attrezzi appositi, primo tra tutti il bailon, il badilone. Le loro robuste e capienti barche erano costruite apposta per quel mestiere e, malgrado le forme molto marine, “la loro vita trascorreva tutta tra le acque interne di fiumi e canali”.
Infine Divari dedica la tavola più poetica alle marinanti, le donne che a remi o a vela portavano i prodotti orticoli da un'isola all'altra della Laguna; famose a Venezia anche come regatanti.
Noi solazieri o filonautici, per usare un termine in uso alla fine dell'Ottocento nei salotti eleganti veneziani, cioè diportisti, ogni volta che stringiamo un remo rendiamo omaggio anche all'antichissima genia dei rematori, rinnovando con il nostro piacevole esercizio le loro inusitate fatiche.

L'articolo completo è stato pubblicato oggi sul Corriere Romagna e può essere letto
http://www.corriereromagna.it/aria-di-mare