Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 15 novembre 2011

Adriatico mare d'Europa?



E' stato pubblicato oggi sulle pagine culturali Corriere Romagna un'anticipazione del mio intervento, nell'ambito delle iniziative a sostegno della candidatura di Ravenna a Capitale Europea della Cultura nel 2019. L'incontro, a cui prenderà parte tra gli altri Predrag Matvejevic è intitolato “Verso il mare aperto” e sarà coordinato da Franco Masotti. Sabato 19 novembre 2019 a Artificiere Almagià, via dell'Almagià 2, alle 16,45 a Ravenna.

Dieci anni fa Eugenio Turri dava alle stampe l'ultimo volume della trilogia “Adriatico Mare d'Europa”. Un lavoro enciclopedico, dotato anche di un ricchissimo apparato iconografico, che attraverso il coinvolgimento di decine di studiosi delle due sponde faceva il punto sulla cultura, intrecciatasi con la geografia, la storia e l'economia, di uno degli “spazi problematici d'Europa”. Ricordiamo che da pochissimo si erano concluse le sanguinose guerre balcaniche, così come recentissimo era l'epilogo della crisi albanese, mentre sul versante italiano l'Adriatico era ancora guardato innanzitutto come un pericoloso confine da presidiare e difendere. Perciò nell'introduzione all'ultimo volume, Turri si interrogava sui tratti che accomunavano l'Adriatico e, con l'eccezione del turismo balneare, concludeva affermando che “come spazio organico dell'Europa, deve ancora essere costruito e valorizzato”.
Cosa è accaduto in questi dieci anni? perché su quel titolo volutamente benaugurante sembra ancora oggi gravare un preoccupante punto interrogativo? perché l'Adriatico, l'unico vero mediterraneo d'Europa, non lo è ancora per intero? Anche per provare a dare risposta a questi rilevanti e problematici quesiti, la candidatura di Ravenna a Capitale Europea della Cultura nel 2019 è una grande occasione.
Nella improrogabile necessità di muoversi verso il mare aperto, prendendo a prestito il titolo dell'iniziativa di sabato prossimo 19 novembre, Ravenna deve ripensare il suo ruolo adriatico. Una riflessione che coinvolge inevitabilmente l'altra città costiera romagnola, quella Rimini che rappresenta storicamente il secondo polo di una riva urbana a doppia polarità. Perché probabilmente solo attraverso una riuscita armonizzazione di questo unico iperpaese costiero, con velleità metropolitane, si potrà riformulare un rapporto armonico con l'Adriatico, con quella grande foresta blu che dà straordinaria e immutata qualità all'orizzonte di levante. Ravenna porto mediterraneo e Rimini spiaggia europea, entrambe ricche di monumenti eccezionali, possono reinventare una adriaticità, meno campanilista e più comunitaria, meno d'identità e più d'appartenenza, solo attraverso una feconda sinergia e una condivisa apertura all'altra sponda. Alle due città si chiede uno sforzo comune per mettere il mare al centro della riqualificazione ecologica, sociale ed economica. Un'operazione strategica di lungo respiro, che non può dimenticare l'importanza e le peculiarità degli altri comuni minori, nodi cruciali di una rete costiera storicamente articolata. Questa lunga riva urbana deve rinnovarsi a partire da un più attento rapporto con il suo grande ambiente naturale, con il mare, non inteso esclusivamente come un'autostrada liquida o come un bordo vasca, funzioni cruciali ma da sole insufficienti. Il mare dovrà essere sempre più accogliente per le merci e gli ospiti, ma per esserlo dovrà innanzitutto essere rivelato a chi ci vive. Senza una moderna riscoperta del mare, attenta non solo alle necessità economiche, ma all'ambiente e alla convivialità, ai piaceri che le acque possono regalare ogni giorno, non si riattiverà neanche l'antico spirito di accoglienza, a navi e culture orientali, a genti e passioni continentali. Se lo sguardo attento di Predrag Matvejevic ha colto nel passato la maggior vicinanza di Ravenna a Bisanzio rispetto a Roma, nel secondo Novecento Rimini è stata per tanti aspetti più vicina a Monaco che a Roma. Questi fecondi rapporti, economici e culturali, sono legati indissolubilmente all'Adriatico che ha avvicinato reciprocamente le acque mediterranee alle terre europee. Il mare è ancora oggi uno spazio in cui sperimentare forme nuove di coabitazione. E se già da solo l'abitare nel senso più profondo del termine è una sfida che ci riguarda personalmente ogni giorno, il coabitare richiede per forza un surplus di energie e si presenta come una partita ancora più difficile e, perciò, più affascinante.
Innanzitutto, mettendo da parte superflui romanticismi o altrettanto pericolose rassegnazioni, vanno ripensate e riqualificate le rive urbane, senza vagheggiare improbabili ritorni a bucoliche dune e pinete, e d'altro canto salvaguardando e mettendo in valore i frammenti di antica natura che si intrecciano con lacerti di nuovo verde, per comporre un prezioso terzo paesaggio marino. E' questo lo sfondo necessario per ridare piacevole vitalità ecologica e lavorativa, trasformando anonime periferie costiere in accoglienti rive urbane. Ravenna e Rimini, condividono difficoltà post-industriali comuni, sia che si tratti di rovine e scorie dell'industria chimica o di quella turistica. Il benessere novecentesco di entrambe le città è costato enormi sacrifici umani e ambientali, e questi ultimi graveranno a lungo sulle sorti delle popolazioni. Sempre di più in futuro la riuscita dei progetti di riqualificazione costiera dipenderà anche dalla partecipazione attiva di chi vive in questa lunga riva urbana che va dal delta del Po al promontorio di Gabicce.
Il più lucido e rivelatore dei sociologi italiani, Franco Cassano, continua instancabilmente a ricordarci che in Adriatico solo una feconda interconnessione tra le rive potrà salvarle dall'anonimato, evitando di trasformarle nelle periferie di una Europa continentale a vocazione settentrionale. L'Adriatico , inteso come grande regione europea, ci chiede di lasciare alle spalle le identità nazionali o addirittura municipali, per valorizzare un'appartenenza comune, in continuo divenire, più attenta a fatiche e piaceri del quotidiano che non alle carte d'identità e alle messinscena identitarie. Perché la storia adriatica insegna che i migliori frutti nascono dalle contaminazioni, basta guardare e ascoltare con attenzione un mosaico ravennate o un bassorilievo riminese, un concerto di Riccardo Muti o un film di Federico Fellini.

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