Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

lunedì 1 novembre 2010

Biblioteca di mare e di costa


“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare.”
Joseph Conrad


Ho riletto in questi giorni un breve racconto di Ernesto Franco, “Usodimare. Un racconto per voce sola”, pubblicato nel 2007 da Il Melangolo, ritrovando la stessa affascinate e inusuale aria di mare respirata nella prima lettura. Dico inusuale perché sono pochissimi i romanzieri italiani che hanno saputo restituire il respiro del mare e le atmosfere di bordo. Differenti sono le cause di questa rara, quando riuscita, frequentazione marinaresca, a cominciare proprio dalla scarsa conoscenza di un mondo storicamente lontano da quello di terra e ancor più da quello intellettuale. Parafrasando proprio la voce narrante del libro, la navigazione “è retta da leggi autonome, da leggi della natura, indipendenti dalla volontà degli uomini”.
Il protagonista, o per meglio dire la sua ombra, è Pepe Usodimare, solitario e misterioso comandante che zoppica, non solo fisicamente, come il più celebre dei comandanti ottocenteschi. Ne seguiamo le ultime settimane di navigazione a bordo del Bahia Inutil, un vecchio cargo diretto in Bangladesh per la demolizione. In un tempo sospeso, scandito dall'incrocio con una flotta di catamarani fantasma portati da un unico macaco, da giorni di pioggia torrenziale, dall'arrembaggio di moderni e feroci piratas, che rimandano alle epiche gesta di Long John Silver e a quelle concretissime dei moderni pirati. Questi, come appunta Usodimare, “hanno in comune con quelli di ieri la strategia di apparire dal nulla e dal nulla svanire e la tattica di non fare mai ostaggi”. Una parte dell'equipaggio del Bahia, per fortuna o per la grazia di un invisibile clandestino, sopravvive all'attacco e porta a termine l'ultimo viaggio verso “l'infinita spiaggia di fango di Chittagong”. Ma la vera ossessione di Usodimare, che diventa quella di ogni imbarcato, è legata alla ricerca di “qualcosa”, lasciato da Nené, una donna a cui Pepe è “legato da una serie di disincontri. ... l'incontro che sarebbe potuto avvenire. Anzi che sarebbe dovuto avvenire”. Una disperata ricerca, che vede impegnati anche i demolitori, fino all'ultimo rottame, fino a lasciare solo quel “chiodo di Dio” che rimane piantato nel maleodorante fango di questo moderno cimitero marino.

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