Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 26 marzo 2015

Venerdì di magro

Un pesce per l'EXPO: rossetto

Aphia minuta la chiamano i biologi, rossetto è invece il nome comune in tanta parte d'Italia, trasparent goby per gli inglesi, omni nud per i romagnoli. Comunque li chiamiate, affrettatevi ad assaggiarli, in stuzzicanti fritture o semplicemente marinati con il limone per pochi minuti. Affrettatevi perché il 31 marzo si chiude la stagione di pesca per le circa 120 piccole imbarcazioni autorizzate in Liguria e Toscana, le uniche due regioni che hanno saputo tutelare questo loro patrimonio peschereccio, economico, culturale e gastronomico. Quella del rossetto è infatti una delle pochissime pesche speciali, o sarebbe più giusto chiamarle tradizionali, sopravvissute ai regolamenti comunitari, che per nobili cause ambientali hanno però cancellato altrettanto nobili mestieri secolari.

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venerdì 20 marzo 2015

Venerdì di magro

Un pesce per l'EXPO: canocchia

“Mi chiamavano Gandhi o canocchia” raccontava Federico Fellini, parlando della sua magrezza giovanile. Canochia è anche uno dei personaggi de Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, un “giovine che vende zucca arrostita” e che immaginiamo non fosse particolarmente in carne. Perché il nomignolo canochia in tutto il Golfo di Venezia è “detto per ingiuria ad uomo, allampato, lanternuto, smunto, secchissimo”, si legge su un vocabolario veneto dell’Ottocento. E lo stesso ci ricorda come questo “piccolo granchio marino a coda lunga articolata”, con chele che ricordano quelle della mantide da cui deriva anche il suo nome scientifico Squilla mantis, è buonissimo e “di molto uso per la poveraglia”, ossia la povera gente. Bisogna precisare che è gustoso soprattutto nei mesi invernali, quando preparandosi alla riproduzione è particolarmente carnoso. Le canocchie sono comuni lungo tutta la riva adriatica, come ricorda anche Artusi, che le chiama cicale, avvertendo il lettore che non si tratta delle “cicale che vivono su per gli alberi … ma di quel crostaceo sempre gustoso a mangiarsi; ma migliore assai quando in certi mesi dell'anno, dalla metà di febbraio all'aprile, è più poluto del solito”. Avverte poi che per mangiarle in umido non deve dispiacervi di  “adoperare le unghie, d'insudiciarvi le dita e di bucarvi fors'anche le labbra”.

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lunedì 9 marzo 2015

Venerdì di magro

Un pesce per l'EXPO: polpo

Il polpo, da non confondersi con il moscardino che rimane più piccolo e ha una sola fila di ventose sui tentacoli, non è solo un classico dei ricettari delle coste di mezza Italia, quelle rocciose, ma ha anche una sua ritualità di pesca e preparazione.
Come per ogni rito, sono innanzitutto i bambini ad essere coinvolti, perché non c'è storia di pescatore che non cominci con il ricordo del primo polpo pescato. A mani nude o con la polpara, uno strumento arcaico fatto in casa con un filo di nylon, un piombo e una tavoletta triangolare con degli artigli. Per esca uno straccio bianco, un granchio o, in una versione ancora più sciamanica, una zampa di gallina.

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venerdì 6 marzo 2015

Insulomania

Isole, isole, isole ...reali o fantastiche, vicine o lontane, solitarie o urbane.
Buon vento!

ORTIGIA

Ci sono isole che appaiono e altre che scompaiono; tra queste ultime qualcuna sprofonda senza lasciare traccia in superficie, altre invece si legano alla terraferma, per diventare penisole o più propriamente ex-isole. Eclatante il caso di Venezia, ma altrettanto mirabile quello di Ortigia in Sicilia. Una microisola che già dall'antichità è andata ad ampliare la più grande delle isole mediterranee. “Isola plurale”, riprendendo una nota definizione dello scrittore Gesualdo Bufalino, posta esattamente al centro del Mediterraneo e perciò da sempre crocevia di popoli e culture. Esiste infatti una Sicilia greca e una romana, una bizantina e una araba, una normanna e una borbonica, e tante altre, tutte a loro modo sovrapposte e ancora oggi visibili, architettonicamente e culturalmente. Allo stesso modo, Ortigia riassume in sé le tante sicilie, condensandole in un unicum di mediterraneità d'insuperabile bellezza.
Ortigia era una dea, il cui nome deriva dal greco ortix che significa “quaglia”, l'uccello in cui si trasformò per sfuggire all'amore di Zeus. Un'ortix che precipitò dal cielo in mare per farsi di pietra e per ospitare un altro mito amoroso che vede protagonista la ninfa Aretusa. Questa, dopo lunghe peripezie, si tramutò in acqua saliente, per cercare di sfuggire alle lusinghe di Alfeo, dio del fiume. “Io ero una delle ninfe che stava nell'Acaia”, racconta Aretusa per mano di Ovidio, “Straniera sono in Sicilia … io scorro in caverne dentro le sue profondità, e qui levo fuori il capo e rivedo le stelle quasi dimenticate”. Miti che legano le origini di questa ex-isola alla madrepatria greca.
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L'articolo completo è pubblicato sul mensile BOLINA di dicembre 2014

PS
l'immagine scelta per questo post, che rappresenta l'isola dell'Ortigia, è una elaborazione delle storiche mappe che impreziosiscono le guide rosse del Touring Club Italiano e vuole essere anche un invito a rileggerle.

domenica 1 marzo 2015

Venerdì di magro

Un pesce per l'EXPO: triglia

Triglie e non triglia, perché due sono le specie: una nobile di scoglio e una popolare di fango. Entrambe però buonissime e al centro delle attenzioni gastronomiche, fin dall'antichità. Non a caso tanti autori romani ne celebra vano le qualità e il mulo, come lo chiamavano, di grandi dimensioni “spesso veniva comprato da' privati anco Romani à peso di puro argento”, racconta Paolo Giovio nel Cinquecento.

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